Quel mantra del femminicidio… senza orpelli e isterismi

Jack lo squartatore

Una scena tratta dal film Jack lo squartatore

“Dal dì che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose di se stesse e altrui…”, da quel dì le femmine del Genere Homo della Specie Sapiens Sapiens vivono in una condizione di soggezione nei confronti del maschio della stessa specie. Si può, a ragione, obiettare che nei millenni tale soggezione si è evoluta in senso meno opprimente ed assoluto fino ad annacquarsi quasi del tutto ma, sotto gli occhi di noi contemporanei, mille e mille sono gli indizi che ci fanno capire che essa persiste e pervade se non le norme scritte, le menti di uomini e donne. Già, perché nella nostra bella lingua italiana la femmina è Donna. Le parole sono illuminanti e ci dicono molto, ma molto di più del significato proprio che per cui si usano. Donna dicevamo, è quasi uno scherzo, un paradosso, una presa in giro; viene dal latino: Domina, vuol dire Signora. La lingua attribuisce alla donna il Signoraggio, l’essere il/la leader. Ma quando mai! Sono storicamente rarissime le compagini sociali che pongono la donna in una posizione di dominio. Signora si, ma della casa (domus appunto in latino) della sua manutenzione, non certo della conduzione del gruppo naturale e primario chiamato famiglia e meno che mai delle organizzazioni sociali in cui essa si inserisce.
Eppure la lingua italiana, creata per lo più da maschi, assegna alla femmina della scimmia nuda che noi siamo l’appellativo di padrona, Donna appunto. E non sono da meno i francesi con il loro Madame la mia Signora, scimmiottati dagli inglesi con Madam.
Anche da noi c’è una locuzione davvero geniale e ridondante, tuttora frequente che vuole, nel presentare la propria moglie indicarla come “la mia Signora” o in terza persona “la sua Signora”. Qualità tutta italica quella di salvare capre e cavoli affermando la tal cosa e praticandone l’esatto opposto, Signora di nome e sottoposta di fatto: un capolavoro…, una ciofeca! direbbe Totò. Ciofeca o non ciofeca da qui bisogna partire per cercare di capire il ruolo, il valore che la Persona chiamata Donna ha in questo spicchio di civiltà che ci vede vivi e attivi. L’evoluzione della condizione femminile è oggi ad un punto mai raggiunto prima, di rispetto e di considerazione esistenziale; sarà pure una banalità l’affermarlo proprio perché sotto gli occhi di tutti, ma sarebbe un grave errore non considerare l’enorme progresso che gli ultimi 50 anni hanno registrato a favore della donna. Sarebbe d’altronde un errore non considerare che in un quadro largamente positivo, persistono aspetti e situazioni che testimoniano la presenza di ampi residui di Patriarcato; alcuni innocui o almeno non più produttivi di devastazioni sociali, altri – al contrario – dalle conseguenze mortali, e tale aggettivo non è né un’iperbole né un modo di dire: si pensi ad esempio alle autentiche stragi che commettono mariti, compagni, fidanzati che non riescono ad accettare la separazione dalle partners e che oggi come un mantra impazzito è chiamato dai più femminicidio: termine sbagliatissimo. La scienza criminologica classifica come femminicidi quelli commessi da uomini che uccidono le donne in quanto donne, quelli dei serial killer alla Jack lo squartatore che uccideva le donne perché le odiava tutte (non già qualcuna in particolare); mentre gli omicidi passionali  e le violenze che hanno per vittima le donne al giorno d’oggi (e ieri pure!) sono delitti compiuti contro una donna, quella sola (Giovanna, Carmela, Lilly, etc.): lei e lei sola è oggetto e scaturigine della furia omicida del reo. L’assassino ne odia una sola, non tutte le donne. Perché la odia? Sostanzialmente perché lei si rifiuta di soggiacere al suo Potere. Sì, gli assassini passionali di ieri e di oggi sono l’epilogo residuale (per fortuna!) dello scontro di potere all’interno della coppia, del non riconoscimento da parte della donna del ruolo patriarcale del maschio che nella quasi totalità dei rapporti si risolve con un “vaffanculo” e una – statisticamente di minore incidenza – riconciliazione successiva. Nuda e cruda, e senza orpelli moralistici e isterismi di facciata, la cosa è questa.   

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