Promessi Sposi senza pathos ai Benedettini, tappa catanese della tournèe che si propone di salvare la letteratura

I Promessi Sposi ai Benedettini di Catania

I Promessi Sposi ai Benedettini di Catania

Lo spettacolo sui “Promessi Sposi” inizia con venti minuti di ritardo (per colpa della pioggia) nell’Auditorium Giancarlo De Carlo dell’ex Monastero dei Benedettini, anche se il luogo principe per questa messa in scena sarebbe stata la Biblioteca. Giusto per seguire la linea di questa tournèe che sta girando l’Italia proponendo la letteratura come spettacolo dal vivo nelle più belle biblioteche di ogni regione. Il fine è quello di valorizzare il patrimonio culturale del nostro Paese e difendere le biblioteche come impresa del sapere, dichiara Finazzer Flory: “L’eredità di Manzoni è finita nelle biblioteche e là spesso giace, senza parola. Con il teatro vogliamo dare voce e volto a questa eredità. Con la biblioteca come altare dell’ascolto”.

Due in scena. Finazzer Flory nelle vesti di attore, interprete di nove pagine tratte dal capolavoro del Manzoni: il prologo, i bravi e Don Abbondio, Fra Cristoforo e Don Rodrigo, L’addio ai monti, La rivolta del pane, l’Innominato e Lucia, la morte di Cecilia. Nove pagine a sé senza un filo che collegasse l’una all’altra fatta eccezione dell’aggraziatissima e ciauriusa ballerina, Gilda Gelati, che volteggiava sul palco ed era la seconda in scena.

Un ritratto di Alessandro Manzoni

Un ritratto di Alessandro Manzoni

Ma tra quelle nove pagine – quasi fosse un peccato anche questo – mancava lei, la Monaca di Monza. Un’assenza che in tanti hanno avvertito, anche la prof.ssa di Storia Contemporanea Lina Scalisi che ha introdotto l’evento con composta ma sentita partecipazione e anche un pizzico di protagonismo. Quello con cui ha sostenuto l’avvio e la prosecuzione di questo tour in nome della salvaguardia della letteratura e della storia quale fonte primaria di ciò che siamo grazie a ciò che siamo stati. Comparare il nostro presente con ciò che i nostri avi hanno vissuto nel 600, anche quello raccontato così bene da Manzoni, è un modo per capire che salto indietro abbiamo fatto e quanti punti in comune, ahimè, ci sono tra la crisi di oggi e quella di allora.
Eppure anche questo è un modo per ricominciare. Non dimenticando.
Essenziale la scenografia composta appena da due manichini con i vestiti d’epoca (di Renzo e Lucia), qualche drappo rosso scuro, un fiasco di vino tra pezze di iuta e cinque grossi antichi volumi.

I Promessi Sposi in scena a Venezia, Biblioteca Marciana

I Promessi Sposi in scena a Venezia, Biblioteca Marciana

Sono i passi di danza che aprono la scena guidati da una musica forte che lascia il posto a un Manzoni cantilenante e senza scarpe che indossa un mantello nero.
È il 7 novembre del 1628. E Flory fa tutto, dal prologo a don Abbondio, fino alla morte dell’Innominato e al tanto sospirato matrimonio.
Settantacinque minuti senza pausa purtroppo illuminati da troppa luce, poca atmosfera e da una sala occupata quasi esclusivamente dagli invitati a una convention bancaria che si svolgeva al Monastero la stessa sera.
Eppure lo spettacolo, gratuito, era aperto a tutti. Studenti, professori e cittadini. Forse è stata la pioggia a tenerli a casa o in un altro posto, eppure noi che c’eravamo ci saremmo aspettati di più da uno spettacolo che tra le sue date ne vanta anche una negli Stati Uniti.
Monica Adorno

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