Sesto anno di crisi per il Sud Italia. Dati e grafici del Rapporto Svimez 2014 con un quadro a tinte fosche

Alcune schede tratte dal Rapporto Svimez 2014

Alcune schede tratte dal Rapporto Svimez 2014

Siamo ridotti peggio di quando siamo usciti dalla Seconda Guerra Mondiale. Lo ha certificato la Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno nel suo Rapporto 2014 che ha come sottotitolo “Sud al sesto anno di crisi – Ancora emergenza sociale e produttiva”. Infatti dal 2008 al 2013, la recessione del Sud non ha conosciuto tregua, a differenza di un Centro-Nord che nel 2010-2011 aveva partecipato ad una “ripresina”. In base alle previsioni della Svimez, la stessa dinamica si protrarrà nel biennio 2014-2015, con un Sud che continua la sua spirale recessiva mentre il resto del Paese si avvia verso una lenta, e forse troppo debole, ripresa.

L’eredità che lascia la peggior crisi economica del Dopoguerra, la cui durata nel Mezzogiorno alla fine sarà paragonabile alla Grande depressione del ’29, è quella di un Paese ancor più diviso e diseguale. Emerge un quadro non più somma di variazioni congiunturali negative. È invece sempre più evidente che la crisi è strutturale e di una intensità tale da stravolgere il profilo economico e sociale del Mezzogiorno. Il Mezzogiorno si colloca ormai in un equilibrio implosivo che si caratterizza per una crescente perdita di produttività, minore occupazione, fuga dei giovani e di quanti sono più professionalizzati, minore benessere.

Le soluzioni ci sono per quanto esse siano complicate. Il rapporto spiega che il settore della rigenerazione e infrastrutturazione urbana è uno dei drivers decisivi per riprendere il cammino della crescita. Nelle città meridionali infatti si presentano in forma acuta tre aspetti critici della condizione urbana europea: tassi di disoccupazione più elevati, espansione urbana incontrollata, dissesto idrogeologico.

Pur essendo città costiere e portuali con ampi retroterra da valorizzare per migliorare l’attrattività turistica, le città metropolitane del Mezzogiorno (Napoli, Bari, Palermo, Catania, Messina, Reggio Calabria, Cagliari) continuano a perdere popolazione e a non attrarre, a causa della mancanza di lavoro, popolazione. Diventano luoghi dove aumentano le diseguaglianze di reddito e viene sempre di più meno la capacità di inclusione sociale.

Dunque serve un rilancio degli investimenti, una politica industriale nazionale specifica per il Sud, fiscalità di compensazione. Di fronte all’emergenza sociale con il crollo occupazionale e a quella produttiva, con il rischio di desertificazione industriale, serve una strategia di sviluppo nazionale centrata sul Mezzogiorno con una “logica di sistema” e un’azione strutturale di medio-lungo periodo fondata su quattro drivers di sviluppo tra loro strettamente connessi in un piano di “primo intervento”: rigenerazione urbana, rilancio delle aree interne, creazione di una rete logistica in un’ottica mediterranea, valorizzazione del patrimonio culturale.

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