L’inferno della droga in “Trainspotting”, il romanzo di Irwine Welsh al teatro Musco di Catania

Trainspotting

Trainspotting

Il romanzo di Irwine Welsh, “Trainspotting”, nella versione diretta da Giampaolo Romania, prodotto dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con Spazio Naselli di Comiso, è andato in scena alla sala Musco di Catania. Sul palcoscenico i giovani attori della scuola d’arte drammatica Umberto Spadaro. Roberta Andronico, Michele Arcidiacono, Ludovica Calabrese, Pietro Casano, Marta Cirello, Lorenza Denaro, Azzurra Drago, Federico Fiorenza, Luciano Fioretto, Vincenzo Laurella, Valeria La Bua, Graziana Lo Brutto, Gaia Lo Vecchio, Luigi Nicotra, si sono dunque cimentati in una impresa teatrale non certo facile. Delicato e di forte impatto il tema trattato. Ma tutto alla fine è andato al posto giusto.

La storia è quella di Spud, Sick Boy e Renton tre giovani tossicodipendenti che vivono nelle periferie di Edimburgo, capitale della Scozia. Ognuno vive una propria drammatica dipendenza e compiranno un tremendo viaggio all’interno di una realtà in cui la droga è l’elemento fondamentale. Ad essi si unisce Begbie, un violento seriale. Uno spaccato, pieno di squallore ma anche con tratti di un triste umorismo. Il quadro di una generazione perduta e annientata dall’eroina.

Sul palcoscenico del Teatro Musco si sono dunque rivissute le atmosfere squallide e desolate in cui si muovono i protagonisti. Un vortice di sentimenti, isterie, nevrosi che spingono a cercare una via di fuga dalla noia di un’esistenza squalida e ripetitiva. Una vita vissuta al confine tra la legalità e il crimine.

Scene e costumi di Carmelo Maceo, musiche di Salvo Giorgio, disegno luci di Giuseppe Corallo e Salvo Lauretta.

«Dal romanzo di Welsh al film di Boyle – dice Giampaolo Romania – questa storia mi ha sempre suscitato emozioni, curiosità e un grande desiderio di approfondimento. Il teatro come veicolo privilegiato di espressione, potrebbe arrivare a toccare, seppure con le dovute cautele, un argomento sensibile e complesso come quello che investe i giovani protagonisti della storia. Così come da Welsh a Boyle, dove il lettore o la macchina da presa sono sempre neutrali, senza giudizio, sono convinto che lo stesso linguaggio teatrale potrebbe essere spettatore e non giudice di una storia da “fotografare”. Lasciando al pubblico stesso il compito di fare i conti con una realtà che a volte ci viene nascosta».

«Trainspotting – conclude Romani – dà voce ad una nuova generazione, che dal vuoto delle giornate da sballo è alla ricerca di un riscatto, di un senso da dare alla propria esistenza che non è fatto di casa, famiglia, impiego ordinario, ma è fatto di cose straordinarie. Rappresentare una realtà legata alle giovani generazioni per stimolare interesse e curiosità, sperimentando con gli stessi attori la possibilità di mettere in scena un copione cinematografico, rispettandone la scrittura e cercando di rappresentare in teatro il movimento continuo della macchina da presa».

Vuoi lasciare un commento?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *