Lavoro, con il Jobs Act qualcosa cambia. Superati co.co.co e co.co.pro ma la Camusso vuole un nuovo Statuto

Jobs-Act«Questo è un giorno atteso da molti anni da una parte di italiani e soprattutto da un’intera generazione, che ha visto la politica fare la guerra ai precari, ma non al precariato. Con le decisioni prese oggi rottamiamo e superiamo articolo 18, co.co.pro. e co.co.co. Ricuciamo uno strappo doloroso con una parte del Paese, sono riconosciuti diritti a chi fino ad oggi ne era escluso. Finalmente parole come mutuo, ferie, buonuscita entrano nel vocabolario di una generazione. Da oggi il lavoro presenta più flessibilità in entrata e più tutele in uscita, nessuno sarà più lasciato solo. Questi provvedimenti si occupano più di assunzioni collettive che di licenziamenti collettivi. Abbiamo tolto ogni alibi a quelli che dicono che assumere in Italia non è conveniente. Non solo perché si è fatta una riduzione importante delle tasse, ma anche perché gli elementi di incertezza non ci sono più». Così il premier Matteo Renzi ha commentato l’approvazione del Jobs Act che rivoluziona il mondo del lavoro italiano. Il decreto è molto complesso e va dall’abrogazione di fatto dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori a quella dei contratti di collaborazione (co.co.co e co.co.pro.)».

Vengono però confermate seguenti tipologie: Contratto a tempo determinato, Contratto di somministrazione, Contratto a chiamata, Lavoro accessorio (voucher), Apprendistato e Part-time.

Un passaggio importante riguarda i «licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale, resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori. Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quelli in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata all’anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice. La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 e un massimo di 24 mesi. Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino a un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa».

Le novità sulla maternità

Importanti le novità introdotte sulla maternità: «Il decreto interviene, innanzitutto, sul congedo obbligatorio di maternità, al fine di rendere più flessibile la possibilità di fruirne in casi particolari come quelli di parto prematuro o di ricovero del neonato. Nel primo caso, infatti, i giorni di astensione obbligatoria non goduti prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità post partum anche quando la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5 mesi; nel secondo caso si prevede la possibilità di usufruire di una sospensione del congedo di maternità, a fronte di idonea certificazione medica che attesti il buono stato di salute della madre. Entrambe le soluzioni sono dirette a favorire il rapporto madre-figlio senza rinunciare alle tutele della salute della madre. Il decreto prevede un’estensione massima dell’arco temporale di fruibilità del congedo parentale dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12. Quello parzialmente retribuito (30%) viene portato dai 3 anni di età del bambino a 6 anni; quello non retribuito dai 6 anni di vita del bambino ai 12 anni. Analoga previsione viene introdotta per i casi di adozione o di affidamento, per i quali la possibilità di fruire del congedo parentale inizia a decorrere dall’ingresso del minore in famiglia. In ogni caso, resta invariata la durata complessiva del congedo. In materia di congedi di paternità, viene estesa a tutte le categorie di lavoratori, e quindi non solo per i lavoratori dipendenti come attualmente previsto. La possibilità di usufruire del congedo da parte del padre nei casi in cui la madre sia impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti. Sono inoltre state introdotte norme volte a tutelare la genitorialità in caso di adozioni e affidamenti prevedendo estensioni di tutele già previste per i genitori naturali. Oltre agli interventi di modifica del testo unico a tutela della maternità, il decreto contiene due disposizioni innovative in materia di telelavoro e di donne vittime di violenza di genere».

Il commento della Cgil

Plauso generale da parte della maggioranza, critiche da parte dell’opposizione politica e non solo. «Il Jobs Act è il mantenimento delle differenze e non la lotta alla precarietà». È il commento della Cgil: «Il contratto a tutele crescenti è la modifica strutturale del tempo indeterminato che ora prevede, nel caso di licenziamento illegittimo o collettivo, che l’azienda possa licenziare liberamente pagando un misero indennizzo». Sulla precarietà, prosegue la nota del sindacato di corso d’Italia, «siamo alla conferma dell’esistente, se non al peggioramento, come nel caso del lavoro accessorio e all’assurdo sulle collaborazioni che si annunciano abolite dal 2016 ma comunque stipulabili in tanti casi, mentre nulla si dice sui co.co.co della Pubblica Amministrazione». «Insomma – continua la nota del sindacato guidato da Susanna Camusso – dove sarebbe la svolta? Il governo parla di diritti ma mantiene la precarietà, dimentica le partite Iva e regala a tutti licenziamenti e demansionamenti facili. Per rendere i lavoratori più stabili non bisogna per forza renderli più licenziabili o ricattabili”. Per la Cgil “quello che il governo sta togliendo e non estende ai lavoratori stabili e precari, andrà riconquistato con la contrattazione e con un nuovo Statuto dei lavoratori».

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