Mar Mediterraneo, un cimitero d’acqua

Aspettando la Gregoretti al Porto di Catania

Aspettando la Gregoretti al Porto di Catania

Ormai non passa settimana senza un annuncio di morte nel canale di Sicilia. Anche domenica scorsa è andata così solo che questa volta le notizie dolorose non erano né una né due, ma centinaia. È stato un barcone con quasi mille persone a bordo a rovesciarsi a largo della costa libica causando centinaia di morti. Non è certo il numero, e di numeri se ne fanno tanti, forse sono persino più di 700 i morti. In totale circa 8000 migranti soccorsi in una settimana (20.000 dall’inizio dell’anno) sbarcati nella nostra isola e altri ancora sono costantemente in arrivo. La nostra isola è divenuta ormai porta di accesso per l’Europa. La nostra coscienza innanzi tutto, illumina il dramma di questa povera gente, che guarda in faccia la morte ogni giorno. Migliaia di migranti quest’anno hanno perso la vita nel tentare di attraversare il Mediterraneo, il che fa del mare nostrum “il più letale del mondo”, un cimitero in acqua: la cifra record è stata comunicata dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr). Dall’inizio dell’anno sono stati più di 207mila i migranti che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo, una cifra che quasi triplica il record precedente del 2011, quando erano stati 70mila i migranti che avevano tentato di fuggire dai loro Paesi durante quella diventata tristemente nota come la “primavera araba”. Circa l’80 per cento dei tentativi di attraversamento si effettuano a partire dalle coste libiche, per tentare di arrivare in qualche porto della Sicilia o della Calabria.

Come si può dimenticare il «Vergogna!» gridato a gran voce da Papa Francesco alla notizia dell’ultima strage causata da un barcone rovesciato? Eppure esistono politici e movimenti che in modo cinico e spregiudicato continuano a non vedere e a non sentire, cavalcare le paure della gente con l’equazione “immigrato, clandestino, delinquente”.

Il flusso migratorio nel Mediterraneo, approfittando del bel tempo, è ripreso a ritmo incessante, come previsto dall’inchiesta di un autorevole giornale. Nel canale di Sicilia vengono avvistati sempre nuovi barconi provenienti dalle coste africane. Un numero imprecisato di persone che non solo è difficile da quantificare ma che sarà in ogni caso esorbitante se continueranno con questi ritmi e, non a caso, il ministero dell’Interno qualche giorno fa ha inviato un’informativa a tutti i prefetti affinché attivino, nei territori di competenza, altre strutture per l’accoglienza temporanea.

Le cifre del costo dell’accoglienza che grava sul bilancio dello Stato e, ovviamente, dei cittadini, sono altissime e mettono a dura prova l’Italia. Poniamo la questione migratoria e del traffico degli esseri umani tra le due sponde del Mar Mediterraneo sul piano della coscienza, bisogna partire dalle persone, guardare in faccia coloro che si aggrappano a una nave, militare o mercantile che sia, o al corpo di chi gli è morto accanto per non affondare e riuscire a scampare alla deriva mortale di un barcone malmesso o di un gommone sgonfio? Solo se si parte dalle persone, vedere nei loro occhi il terrore della morte, allora sarà corretto l’approccio alla sfida dell’accoglienza nella legalità che, da anni, ripetiamo essere l’unico stile d’azione utile per non continuare a lastricare la strada dei migranti di sofferenze intollerabili e di lutti che gridano contro la nostra “civiltà”, al cospetto di Dio e dell’umanità di oggi e di domani. Si auspica, quindi, una legge per legalizzare l’immigrazione con regolare passaporto e navi di linea piuttosto che seppellire cadaveri o fabbricare centri di accoglienza che non portano a nulla. E magari, perché no, affrontare persino la possibilità di andarli a prendere noi nelle loro coste effettuando lì i controlli dei documenti e quelli sanitari e poi farli arrivare alle destinazioni finali.

Carmelo Santangelo e Monica Adorno

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