In Svizzera gli arancini siciliani si mangiano da “Mafalda”. La scommessa (vinta) di Fabrizio Aiello

Tutta la famiglia Aiello al completo con lo staff

Tutta la famiglia Aiello al completo con lo staff

Una botta di coraggio e via. Lasciare tutto e partire. A pensarlo, dirlo e pure a scriverlo non costa tanto, le cose cambiano quando il cambio si deve – o si vuole – farlo sul serio. E Fabrizio Aiello l’ha fatto. Ha lasciato uno dei pub più grandi di Barrafranca, un progetto su cui stava lavorando, ha inforcato la moto e si è lasciato tutto alle spalle. All’inizio non sapeva neanche lui dove stava andando, “arrivo fino al Lago di Garda, no… proseguo. Destinazione Svizzera”. Anzi Ginevra. Poi il caso, le coincidenze, la forza di volontà e un po’ di fortuna – che non guasta mai – hanno fatto il resto. E da tre settimane ha aperto un locale che si chiama “Mafalda Tavola Calda” in rue des Etuves una stradina caratteristica sulla riva destra del lago di Ginevra in cui sforna, letteralmente, prelibatezze siciliane per gli svizzeri che non le conoscono, per gli italiani che le cercano e per i turisti. Sul suo bancone si rincorrono raviole di ricotta, immancabili arancini, fumanti scacciate, ma anche tutto quel che ci può stare in mezzo, dalle mafaldine alle cartocciate ai cannoli in un tripudio di gusti e profumi che solo chi è catanese conosce davvero.

Fabrizio Aiello ha 48 anni, è nato a Ginevra da genitori emigrati ma sin da piccolo ha vissuto in Sicilia e da più di venti è sposato con Stella. “Con mia moglie – ci ha raccontato – abbiamo passato a Ginevra le ferie di agosto e per il viaggio di nozze siamo rimasti qui tre mesi. Ho visto sempre questa città in modo interessante, qui ho parenti, amici e adesso anche i figli. Ma vivevamo in Sicilia. Tutto questo fino al 2010, a giugno ho venduto la mia attività uno dei pub più grandi della Sicilia che avevo fondato a Barrafranca con un socio. Nel 2009/2010 mi guardo attorno e mi sento come Marlon Brando sul set di “Via col vento” e mi chiedo anche io: «ma che ci faccio qui?». Erano già spuntati tutti quei colossi iper e maxi delineando un mondo in cui l’economia è controllata dai centri commerciali e tutte le piccole botteghe a rischio chiusura.

“Mi sentivo soffocare e sono partito con la Harley Davidson verso il lago di Garda e poi la Svizzera dove c’era mio cugino che aveva subito un intervento al ginocchio. Ma fu lui a spronarmi e a dirmi quello che io stesso non osavo dirmi. “Rimani qui” era il ritornello che mi ripeteva tutti i giorni e io rimasi. Rimasi a Ginevra, lasciando anche carte in sospeso in Sicilia (tra cui migliaia di euro di oneri di urbanizzazione versati al Comune per un progetto di un grande resort che sarebbe dovuto sorgere a Piazza Armerina) e sentendomi dire che ero un pazzo. Ho buttato il telefono e sono passato al piano B. Ho trovato lavoro nel campo della ristorazione, poi come imbianchino fino a diventare esperto di carotaggi edili. Ho fatto di tutto, ma il mio obiettivo era un’attività mia. Nel frattempo però andavo alla Camera di Commercio e al consolato per sapere come muovermi. Loro mi hanno detto che potevo fare tutto quello che volevo, mi aprivano le porte, purché avessi i soldi per incominciare e in Svizzera ne servono molti più che in Italia. Inutile chiedere alle banche perché per loro il campo della ristorazione è saturo. E allora racimolati i fondi necessari mi sono imbarcato in questa avventura nella quale ho coinvolto tutta la famiglia”.

Fabrizio sono i soldi il problema?
“No, i soldi non sono l’unico step importante – continua a raccontare Fabrizio – bisogna anche trovare il posto giusto e avere l’autorizzazione della “regia” che amministra lo stabile e del proprietario della bottega. Entrambi devono essere d’accordo al cambio di destinazione d’uso. E poi bisogna versare sei mesi d’affitto anticipato. Una volta trovata la bottega ti iscrivi alla Camera di Commercio, o come indipendente o come società, e chiedi tutti i permessi. Io ho costituito una srl con mio figlio”.
Non hai dovuto presentare un business plan o qualcosa di simile?
“Certamente. E io l’ho scritto per presentare Mafalda tavola calda partendo dalle origini del cibo e rispondendo alla domanda sull’importanza dell’alimentazione per la cultura del mondo. Ho analizzato la città e i suoi abitanti. Ginevra è una città eterogenea. In quella relazione ho descritto cos’è il fast food in un mondo in cui cambiano usi e costumi. In un mondo in cui non abbiamo più il tempo di sederci al ristorante per ore e ore, non perché non ci sono i soldi per poterlo fare ma perché non siamo più disposti a perdere tempo in un mondo in cui tutti dipendono dai propri smartphone. E questo è vero a Ginevra come a Catania”.

In questa avventura Fabrizio Aiello ha coinvolto tutta la sua famiglia: la moglie Stella e i figli Damiano, Eugenio, Fabrizio junior e, la più piccola, Stella junior che aiutano alla cassa e anche alla lavorazione.
Al banco lavorano Giuseppe e Katia mentre il pasticcere è Josè Arcifa “prelevato” direttamente da Catania dove, fino a un mese fa, lavorava in un noto bar del centro.
E se adesso vi state chiedendo quanto costa un solo arancino a Ginevra, sappiate che ci vogliono ben sette franchi svizzeri l’equivalente di sette euro… ma ne vale la pena!
Monica Adorno


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