Giuseppe Berretta: “Il Pd catanese una melassa gelatinosa. Bianco? Dovrebbe aprirsi ai cittadini”

Giuseppe Berretta

Giuseppe Berretta

Catania – Lacerato, diviso, in eterna fibrillazione. Il Partito democratico cittadino, da tempo ormai, sta attraversando un lungo momento di assestamento, esploso recentemente nella quasi sfiducia all’attuale segretario Enzo Napoli. Quasi perché nei fatti non c’è stata, ma le critiche piovute sulla gestione degli ultimi anni, evidenziano malumori mai sopiti.
Sembra, insomma, che si prospetti un nuovo corso per la compagine democratica catanese, auspicata da tanti. Tra questi, il deputato nazionale Giuseppe Berretta.

Onorevole, qual è lo stato di salute del Pd catanese?
“Recentemente si è tenuta una riunione dalla quale è emerso un giudizio unanime, cioè che la macchina è ferma e in un vicolo cieco, come ha ben detto Giovanni Burtone. Un’analisi che mi vede totalmente d’accordo. Ormai, da mesi, non è stata portata avanti alcuna iniziativa autonoma e questo segna lo iato profondo tra la fase nazionale, fatta di protagonismo e ottimismo nel bene e nel male, e l’immobilismo catanese, una melassa gelatinosa indefinita”.

Quale pensa sia il problema principale?
“Penso che la situazione sia dovuta a una gestione improntata su un accordo tra poche persone, senza la capacità di aprire il Partito Democratico alla società. Manca poi la linea politica del partito catanese: se tutti si professano renziani, a parole, bisogna che siano tali anche nella pratica. Quindi, ritengo che occorra fare un’operazione volta al rinnovamento nelle classi dirigenti e ad aprire alle nuove generazioni”.

Qual è il suo personale giudizio su Enzo Napoli?
“È un pesce fuori dall’acqua. La realtà catanese non la conosce benissimo, è stato mandato qui per pacificare una situazione ma questa pacificazione può avvenire solo in base a una linea politica. Una capacità che Napoli non ha manifestato, fallendo l’obiettivo principale per il quale era stato chiamato. C’era un impasse locale che bisognava superare ma questo non è avvenuto. Anzi, tutto si è incancrenito”.

Che giudizio dà del sindaco Bianco?
“Io ho sostenuto l’amministrazione, a livello elettorale. Ma, rispetto alle richieste che arrivano dai cittadini non posso fare altro che farmene carico e indurre l’amministrazione a percorrere una strada diversa rispetto a quella attuale. La difficoltà è evidente a tutti e, anziché scegliere il silenzio, bisognerebbe aprirsi a tutti”.

Paura delle critiche?
“Non credo sia timore, quanto piuttosto di una questione psicologica: un’autorità non deve essere criticata. A livello nazionale c’è dibattito, a Catania ci si prova. Qui nessuno mette in discussione Bianco, ma i risultati che non sono all’altezza delle aspettative. Non è solo un problema di Pd. Se tutti condividiamo una diagnosi di grande crisi e difficoltà della città di Catania e nel mezzogiorno, bisogna chiamare a raccolta tutte le energie, evitando i personalismi e le chiusure nei fortini, che rappresentano il modo peggiore per superare la crisi. E innescare meccanismi di partecipazione”.

Quale pensa sia il futuro del Pd?
“Se non fossi ottimista non potrei essere esponente Pd. Stiamo finalmente riusciti a incidere e siamo tornati a parlare di mezzogiorno. Governiamo ovunque e si stanno creando condizioni ottimali. Proprio per questo, vedo potenzialità per il nostro territorio e ritengo doveroso che il Partito le colga queste opportunità”.

E il suo di futuro?
“Una cosa è certa: lo vedo nella prosecuzione dell’impegno politico. Dove e come lo decideranno i cittadini e il mio partito. Andrò dove sarò più utile”.
M.T.

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