Musica. Deflagrazione rock con “La Terza guerra mondiale” degli Zen Circus

The Zen Circus

The Zen Circus

Catania – La Terza guerra mondiale arriva a Catania. Non una battaglia, ma la deflagrazione della musica rock, con The Zen Circus e il loro fortunatissimo tour. Sabato, al Ma di via Vela, il trio composto da Andrea Appino, Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli scatenerà il pubblico con un concerto che si preannuncia già un evento. Il tour del nuovo lavoro del gruppo toscano torna nella città etnea per portare le sonorità di uno dei dischi più riusciti, il nono di una band che convince sempre di più pubblico e critica, pur rimanendo cinica e irriverente, realista e pungente. In una parola, squisitamente rock. Un disco che, uscito a settembre, è già un successo conclamato e che arriva diciotto anni dopo l’esordio. Ne abbiamo parlato con Karim – batterista della band

La terza guerra mondiale, può considerarsi il disco della maturità?
“Non credo, anche perché dopo la maturità c’è la morte. La definizione di maturità non ci piace, un po’ come quella di emergente, come quando si era più ragazzini. Non abbiamo mai avuto un approccio standard rispetto alla nostra musica: facciamo un disco ogni due anni e componiamo tanti brani ogni anno. Non stiamo molto a pensare che forma dare da un punto di vista estetico a un album. Se c’è una novità è che, se prima ogni lavoro costituiva un passettino in avanti, come numero di vendite e paganti ai concerti, diciamo che con questo abbiamo fatto un salto più grosso. Credo che il pubblico si sia triplicato rispetto al disco e al tour precedente. Forse è arrivato di più. Inoltre, se prima abbiamo avuto tanti passaggi in radio, ma nelle radio piccole, l’andare sui grossi network ha portato a un aumento del pubblico, al fare concerti in locali più grossi, e di questo siamo molto contenti”.
Eppure l’album suona diverso rispetto agli altri, che pure hanno avuto gran successo.
“Se c’è stato dal punto di vista prettamente musicale qualche cambiamento, è stato nella produzione artistica: è il primo disco in cui non usiamo altri strumenti al di fuori di chitarra, basso e batteria. Anche se in realtà è l’album su cui abbiamo lavorato di più e quello più prodotto. È più diretto. Più coerente. È il primo che suona in un certo modo. Non abbiamo mai avuto delle produzioni artistiche massicce a livello di mixaggio. Ha un volume di uscita e una compattezza che non hanno gli altri dischi e questo ha aiutato molto ad avvicinare sia il pubblico più rock, che comunque è abituato a un certo tipo di sonorità, che il pubblico pop, perché ha un suono molto cristallino. Un tipo di suono che non avevamo mai avuto. “Canzoni contro la natura”, ad esempio, è l’esatto contrario: fatto in pochi giorni, registrato tutto subito, alla prima, perché volevamo fare un disco che suonasse sporco e suonasse live”.
I testi sono, come al solito, molto provocatori. Zingara, ad esempio.
“Zingara è una canzone che ha un testo volutamente molto pesante anche perché tutta la prima parte non è stata scritta da noi, ma sono dei commenti presi da Youtube, scritti dalla gente. Il ruolo della canzone è mettere davanti agli occhi, anche ai nostri, cosa è l’Italia in questo momento. Questa sete di sangue che si è sviluppata, che c’è sempre stata, ma che i social sono riusciti a oggettivare. Se prima certe stronzate le dicevi entrando in un bar, lì rimanevano. Ora, con i social, tutte le cazzate che uno dice nascondendosi dietro la libertà di espressione hanno un potenziale infinito dal punto di vista della diffusione. L’intenzione non è spiegare qualcosa agli Italiani, perché non è il nostro compito, noi siamo un gruppo rock. Ma quella di dipingere quel che abbiamo intorno, che è sempre stato quello che abbiamo fatto, che facciamo e che faremo nelle nostre canzoni. Senza voler dare tanti giudizi, anche perché una parte di quello che descriviamo nei nostri testi rappresenta anche i nostri difetti personali. Non siamo quel gruppo che dà una soluzione, nemmeno quel gruppo che si pone su un altare e punta il dito a caso contro politica e società. Così è molto facile e soprattutto si rischia di cadere e scadere nel qualunquismo”.
La canzone di questo disco a cui sei particolarmente legato?
“Questo è uno dei pochi album che amo dall’inizio alla fine. Credo che sia il primo in cui tutte le canzoni mi convincono al cento per cento, cosa che non mi è mai successa prima. Il pezzo a cui sono più affezionato credo sia “L’anima non conta” e, dal punto di vista di produzione, “Andrà tutto bene”. Forse uno dei brani più belli realizzati nella nostra carriera”.
Melania Tanteri

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