Corte dei Conti: Catania è in dissesto. Pogliese: “Lo eviteremo in tutti i modi”

Il dispositivo è di 70 pagine e prevede la possibilità di presentare ricorso alle camere riunite entro 30 giorni. Se il ricorso non dovesse passare si prospettano tempi bui per i cittadini: aliquote più alte, meno servizi e crediti esigibili in percentuale dalle imprese

Comune Catania con l'elefanteCatania – Il dispositivo della Corte dei Conti arriva alle 10.05 di stamattina e distrugge in un secondo tutto il programma della conferenza stampa che il sindaco Salvo Pogliese aveva predisposto in sala giunta. Stamattina, infatti, si doveva parlare di conti, sì, di finanza, di dati reali. Non c’era l’idea – almeno così ha detto il sindaco – che una pec della Corte dei Conti avrebbe sottolineato di rosso tutti i conti conclamando un debito certificato di quasi un miliardo e 600milioni di euro.
Insomma, all’ombra dei 35 gradi in sala giunta si sudava freddo e non c’erano commenti adatti se non quelli che chiedevano tempo. Il tempo di leggere le 70 pagine della Corte dei Conti e di capire, poi, se il ricorso alle camere riunite è possibile oppure no.
Salvo Pogliese e Giuseppe Bonaccorsi, vice sindaco con delega al Bilancio, hanno detto che faranno l’impossibile per evitare il dissesto che comporterà diversi disagi per i cittadini e per le aziende che vantano crediti dall’ente. Il problema sta nel fatto che in presenza di un dissesto conclamato le aliquote delle imposte comunale verrebbero aumentate alla percentuale massima possibile mentre dall’altro lato le società che aspettano di avere le fatture pagate si vedrebbero arrivare una minima parte, pari al 20-30 per cento dell’importo dovuto. Ci sarebbe anche un commissario a gestire l’amministrazione contabile mentre al sindaco e alla giunta – che continuerebbero a percepire i propri emolumenti interamente – rimarrebbero funzioni più che altro istituzionali. Sembra fuor di dubbio, inoltre, che non potrebbero essere contratte nuove spese.

02 A - Salvo PoglieseInsomma per Catania si prospetta un periodo buio con tasse più alte e servizi meno presenti se non quelli estremamente essenziali. Per alleggerire il peso della brutta notizia si potrebbe dire che Catania i solarium li vedrà con il lanternino per un bel po’ di tempo.
“La situazione è particolarmente complicata e non ci interessa attribuire responsabilità,– ha affermato Pogliere all’inizio della conferenza stampa – ma una motivazione sul merito la vorrei fare e riguarda la riscossione della Tari che, al momento, è pari al 50 per cento. Non metto in dubbio che ci sono larghe parti della società che hanno evidenti difficoltà, ma è anche vero che non manca chi vuole fare il furbo. Di certo però percorreremo tutte le strade per evitare in tutti i modi il dissesto”.
Eppure le domande che corrono sul filo sono facili da immaginare: di chi è la colpa? Fu Bianco, Stancanelli, Scapagnini?
Bonaccorsi commenta la notizia parlando di Insostenibile pesantezza del debito, ma la frase ad effetto era già stata studiata per la conferenza annunciata. Si concede però una riflessione sul fatto che “Catania non è la città più indebitata d’Italia, la peggiore è Torino che però ha impiegato i soldi per realizzare infrastrutture per la città. Catania invece mutui li ha accesi per pagare le spese correnti o coprire le perdite dell’Amt”, giusto per fare un esempio. Ma fino al 2001 – continua Bonaccorsi – era possibile iscrivere in bilancio il mutuo che serviva a coprire la perdita di una partecipata. Fortunatamente il legislatore ha messo un freno a tutto e dal 2001 tutto questo non è più possibile, ma incide sui debiti di bilancio.

03 A - Slide 1 DebitiUn’altra cosa che incide in modo davvero pesante sugli equilibri di bilancio è quella che deriva dalla riscossione delle nostre entrate. L’Imu e la Tari si pagano con le stesse modalità, ma la prima viene riscossa quasi integralmente mentre la seconda no. Forse dovremmo dare maggiore attenzione a questo dato e comprendere che questo tipo di riscossione non è adatta. Quando Monti (2011) si insediò aveva preparato una bozza di decreto – che poi si arenò – con la quale si ipotizzava la riscossione della Tarsu (allora si chiamava così) attraverso la bolletta dell’energia elettrica. Quello che poi è successo con il canone Rai.
“Durante l’amministrazione Stancanelli avevo proposto un Piano di rientro che fu vagliato dalla Corte dei Conti che lo ritenne valido. Poi, però, non è stato più di nostra competenza semplicemente perché non c’eravamo”, ha concluso Bonaccorsi.
Monica Adorno

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