Dalle dimissioni di Conte al “Vota Antonio, vota Antonio”

Giuseppe Conte e il caffèChissà perché il messaggio postato ieri sera su Facebook dal prof Conte mi ha fatto tornare alla memoria altri due celebri discorsi, a loro modo, entrambi comici e tragici al contempo.
In effetti il “quasi giurista meridionale”, “professore universitario di incerta formazione”, come lo ha oggi definito Francesco Merlo sulle pagine di Repubblica, ha perso una buona occasione per tacere.
Forse l’essere un “quasi giurista di incerta formazione”, gli ha fatto scordare, qualora mai lo avesse appreso, che esiste un “modus operandi” che si chiama “garbo istituzionale”.
Probabilmente nei master presuntivamente seguiti negli Stati Uniti d’America queste cose non gliele hanno insegnate o forse, viste le frequentazioni degli ultimi tre anni, ha iniziato a zoppicare, non solo in materia di comportamenti istituzionali, ma anche di semplice “bon ton”.
Certo che, non solo ha parlato di fatto al Paese dopo essersi dimesso e dopo che tutto è affidato alla competenza costituzionale del Presidente della Repubblica, sulle cui capacità di analisi politica, di competenza giuridica e di rispetto delle Istituzioni, nessuno può nutrire dubbi, ma, nella frenesia di tenere ancora il palcoscenico, ha pure sbagliato terminologia.
Quando infatti afferma che: “L’unica cosa che davvero rileva, è che la Repubblica possa rialzare la testa, al di là di chi sarà chiamato a guidarla”, inciampa nella Costituzione: la Repubblica la guida il Presidente, non il capo del governo, a meno che Freud ci abbia messo lo zampino.
Ma torniamo ai due discorsi tragicomici tornatimi alla mente.
Il primo, sicuramente tragico per il suo epilogo, ma comico per il personaggio ormai cotto che lo ha pronunciato, quello “del BAGNASCIUGA” declamato dal balcone di Palazzo Venezia.
Il secondo, sicuramente comico per il personaggio che lo ha pronunciato, ma tragico per la miseria politica che da sempre ci contraddistingue, quello del “VOTA ANTONIO, VOTA ANTONIO”, declamato dal grande Totò dal più modesto balcone di casa sua.
Alfio Franco Vinci

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