Per molti il nome di Massimiliano Vado non dice probabilmente nulla, per altri ancora, appassionati di fiction, è invece “quello di Centovetrine” (nota soap opera in onda quotidianamente sulla quinta rete), pochi sapranno invece che dietro il volto televisivo si cela un vero e proprio talento teatrale, quasi insospettabile. Talento che fiorisce in tutto il suo splendore nel neonato spettacolo “Zero (astenersi perditempo)”, che ha fatto il suo debutto catanese pochi giorni fa al Teatro del Canovaccio. Un succulento ed esilarante pot-pourri di manie, ossessioni e piccole nevrosi quotidiane racchiuse in un brillante monologo di poco più di un’ora.
Uno spettacolo che sembra cucito su misura per il talento del giovane interprete, forse perché nato da una collaborazione già consolidata nel tempo, sia per ciò che riguarda la sceneggiatura curata dal bravo Massimiliano Bruno, sia per la regia affidata a Michela Andreozzi.
Zero non è dunque un semplice monologo ma un vero e proprio lavoro di squadra, nato da un team ben consolidato, che mette in scena la vita di un quarantenne alla semi-deriva, con alcuni spunti vagamente autobiografici ma estremizzati e portati a risvolti comici e surreali. C’è per esempio il rapporto con la classica madre-chioccia, che più che una presenza è un vero e proprio ingombro, c’è lo spettro dell’ex fidanzata che aleggia con la sua scia carica di piccole frustrazioni e incomprensioni quotidiane, e poi ci sono le zone d’ombra, quegli oscuri imbuti esistenziali che raccolgono tutto il peggio promanante dall’abbrutimento urbano quotidiano. Tutto questo e molto altro narrato con lucidissima verve e innate capacità istrioniche di uno spassoso Massimiliano Vado, che riesce a strappare un sorriso, quando non addirittura una grassa risata, perfino al pubblico non più giovanissimo delle primissime file in sala. Anche la scelta di recitare in accento savonese risulta azzeccata, col risultato di rendere la performance ancora più immediata e contemporanea.
Massimiliano Vado, da Centovetrine al teatro impegnato
Una chiacchierata con Massimiliano Vado, protagonista dell’esilarante monologo teatrale “Zero” andato in scena al teatro del Canovaccio, allo scoperta di retroscena e piccole chicche.
Com’è nato questo spettacolo?
Inizialmente dovevamo portare un altro spettacolo, che era “Riaspettando Godot”, saltato per motivi contingenti insieme a un altro spettacolo della mia compagna Michela Andreozzi. Per non lasciare un buco nelle programmazioni, abbiamo creato due monologhi dirigendoli a vicenda. È stato una specie di tour de force per una ventina di giorni, tra sala prove e appartamento. Io sono partito dall’idea base del supermercato e ci ho poi cucito sopra tutto il resto, la madre, il commercialista, l’ex-fidanzata, tutte cose vere. Estremizzate!
L’idea di recitare in savonese?
Credo che l’accento nordico in generale renda molto l’idea della solitudine, non so perché, ma nella mia idea quell’accento enfatizzava la solitudine del personaggio.
Questo ruolo sembra calzarti molto bene… quanto c’è di biografico?
Chiaramente non è autobiografico. Ci sono degli spunti, come ad esempio tutta la parte nerd dei supereroi, alcune conversazioni al telefono con mia madre o col commercialista. Dei piccoli divertissement molto miei.
Vederti in questi insoliti panni comici è piuttosto sorprendente per chi ti conosce come attore di soap..
In realtà io vengo da vent’anni di collaborazione con lo Stabile, poi a un certo punto, man mano che le paghe in teatro si abbassavano, ho deciso di cominciare a fare televisione e dopo un anno ho cominciato con “Centovetrine”. Da quel momento lo Stabile ha smesso di chiamarmi, per loro non ero più credibile nonostante i vent’anni di esperienza! Si tratta solo di preconcetto purtroppo.
Tuttavia il risultato dello spettacolo è davvero esilarante, ti fa pensare al cabaret stile Zelig…
Questo anche perché la regista lavora a Colorado e quindi mi sono trovato a fare una cosa più sua che mia, ma in cui è bello cimentarsi. È stata una bella scommessa!