Dallo scorso sabato 1 marzo è scattato un nuovo aumento delle accise sui carburanti. Dunque fare il pieno alla macchina costerà un po’ di più. L’incremento medio annuo per una famiglia italiana con un’auto a benzina che percorre mediamente 15.000 chilometri all’anno sarà di 13 euro, mentre per un’autovettura alimentata a gasolio l’aumento sarà di 17 euro. Forse si tratta di un ritocco abbastanza contenuto, tuttavia, è bene ricordare che una famiglia con un’auto alimentata a benzina con una percorrenza annua di 15.000 chilometri quest’anno sborserà 257 euro in più rispetto al 2010. Nel caso di automobile diesel, invece, l’incremento rispetto a quattro anni fa sarà addirittura di 388 euro. Questi aumenti sono riconducibili al fatto che in questi ultimi cinque anni le accise sui carburanti sono state ritoccate ben 10 volte e l’Iva è aumentata 2 volte.
Il ritocco che è scattato sabato scorso è stato previsto dal cosiddetto “Decreto del fare”, approvato dal Governo Letta nel giugno dell’anno scorso. Questo aumento delle accise, pari a 2,40 euro ogni 1.000 litri consumati, garantirà, secondo le stime, 75 milioni di euro di gettito che finanzierà alcuni interventi per il rilancio dell’economia (nuova legge Sabatini, conferma del credito di imposta per il settore cinematografico, rilancio della nautica e della produttività del sistema portuale). Peccato che gli aumenti predisposti dal Governo Monti abbiano portato nelle casse dello Stato meno entrate di quelle previste. Le famiglie hanno deciso di consumare di meno. E ancora continuano ad aumentare tasse e accise.
Intanto la Cgia di Mestre sottolinea che: “Con l’aumento del prezzo dei carburanti di 0,29 centesimi al litro (*), la CGIA denuncia che in Italia abbiamo il livello di tassazione sulla benzina più alto d’Europa.
A fronte di un costo medio alla pompa di 1,721 euro al litro, tra accise e Iva pagheremo 1,041 euro. Quest’ultimo importo è pari al 60,5 per cento del prezzo alla pompa. Nessuno in Europa può contare su un’incidenza del fisco così elevata. La media dell’Unione europea si ferma al 46,3 per cento, ben 14,2 punti in meno del dato medio italiano”