Se il dipendente investe deve pagare il titolare

Se il dipendente fa un incidente paga il datore di lavoro. La controversia nasce da un aspetto applicativo della cosiddetta RC Committenza ex Art. 2049 del Codice Civile che recita: “(Responsabilità dei Padroni e Committenti) – I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”. Si tratta di un profilo di responsabilità oggettiva, in quanto, contrariamente ai profili di responsabilità presuntiva già trattati in passato, la norma non consente alcun tipo di prova liberatoria a carico di padroni e committenti. Tale severità si fonda sul principio “cuius commoda eius et incommoda”, secondo il quale del danno causato dal dipendente deve rispondere colui che trae vantaggio dal rapporto con il preposto.
La responsabilità in esame, pertanto, prescinde completamente da una culpa (in vigilando o in eligendo) del datore di lavoro ed è quindi insensibile ad un’eventuale dimostrazione di assenza di colpa, come ha sentenziato la Cassazione.
I presupposti obbligatori per il riconoscimento della responsabilità in esame sono tre: che un terzo abbia patito un danno ingiusto in conseguenza di un fatto illecito; che il fatto illecito sia stato causato da un domestico o un commesso; che via sia un nesso di causalità tra il danno e le incombenze affidate al commesso.
La portata di questa particolare responsabilità è così ampia da trovare applicazione anche nell’inaspettato ambito della responsabilità civile delle auto.
Se un dipendente di una qualsiasi impresa decide si svolgere un servizio con la propria vettura e provoca un incidente se costui denunciasse al proprio assicuratore l’accaduto, si vedrebbe respingere la richiesta di risarcimento perché l’assicuratore, appresa la dinamica dell’evento, individuerebbe nel datore di lavoro il responsabile civile dell’accaduto e non nella propria assicurata. Quindi la responsabilità si trasferirebbe sul datore di lavoro che certamente non potrà farsi manlevare dall’assicuratore RCA dell’autovettura, non essendo egli né proprietario, né conducente del veicolo coinvolto nel sinistro. Allo sfortunato imprenditore, non resta, prima di intervenire con il proprio patrimonio personale, di denunciare il fatto al proprio assicuratore di RC generale che respingerebbe, anch’egli, il sinistro.
Una situazione paradossale e assolutamente controversa anche perché la norma dice anche che “per l’affermazione della responsabilità civile per il fatto penalmente illecito posto in essere dal dipendente non è necessario che la persona responsabile dell’illecito sia legata all’imprenditore da uno stabile rapporto di lavoro subordinato, ma è sufficiente che la stessa sia inserita, anche se temporaneamente od occasionalmente, nell’organizzazione aziendale, ed abbia agito, in questo contesto, per conto e sotto la vigilanza dell’imprenditore. È quindi rilevante un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l’incombenza disimpegnata deve aver determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, anche se l’agente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli”.

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