Quello scritto dal grande giornalista e drammaturgo Giuseppe Fava è un copione che si allontana dalla contestualizzazione socio-politica in cui lo scrittore era solito immergere i suoi testi, e affronta invece una tematica legata alla sfera personale dell’individuo. Nel trentennale dalla tragica scomparsa del giornalista amante delle belle lettere, carismatico fondatore e direttore della testata “I siciliani” e figura di spicco della vita culturale, il Teatro Stabile di Catania gli ha reso omaggio riproponendo, al teatro Verga di Catania fino a domenica 17 maggio, l’acuta analisi del confronto uomo-donna che innerva appunto “Foemina ridens”.
Al centro di tutto troviamo Pupa e Orlando: un uomo e una donna, i loro rapporti e la loro dignità. Fava, porta sul palcoscenico due personaggi emblematici, i tipici cantastorie erranti della tradizione siciliana. Entrambi hanno conosciuto sempre e solo povertà e orgoglio, ma non rinunciano mai alla vocazione dell’intrattenimento di piazza, sotto qualsiasi cielo e con qualsiasi tempo, arrivando a confondere e a fondere le vicissitudini dei personaggi cantati con i propri drammi personali. Pupa e Orlando si rincorrono disperatamente per non perdersi, seppure non riescano a stare vicini per più di dieci minuti senza litigare. I due raccontano la propria vita di cantastorie ma anche di prostituta e ladro, in una realtà metatemporale, senza sequenza cronologica, in un disordine del tempo, senza un inizio e senza una fine. E il pubblico non sa dire quanti siano i personaggi e quali età abbiano, se venti, quaranta oppure ottant’anni; mentre le loro parole raccontano di una grande anima straripante di spensieratezza, lussuria, accidia, frustrazione, fedeltà, blasfemia, amore, fede e quanto di più contraddittorio si riesca a immaginare nell’animo umano.
Eccezionale Guia Jelo nella sua performance artistica, impeccabile il suo partner sul palcoscenico Filippo Brazzaventre. Bravi gli altri: Angelo D’Agosta, Giorgio Musumeci, Eleonora Sicurella. Regia con mano sicura di Giovanni Anfuso. costumi di Riccardo Cappello, musiche di Mario Incudine, movimenti di scena di Donatella Capraro, luci di Franco Buzzanca.
“Foemina ridens”, scritta nel 1980, mette in scena la sensibilità del suo autore, un uomo dal carattere forte: non solo attento osservatore delle dinamiche sociali in cui gli individui si muovono, ma anche profondo conoscitore dei vicoli e degli anfratti in cui si insinuano i sentimenti più veri degli esseri umani. Oggi a trent’anni dalla morte, rendiamo omaggio, con umiltà, ad un “romantico guerriero”, ad un intellettuale che altro scrupolo non ebbe, nella sua ventura, se non quello di raccontare solo e sempre la verità.