LIBRI | Barbara Mileto presenta il nuovo romanzo “Le cose possono finire senza concludersi”

Un attacco di panico, il fiato rotto e il dolore. E poi, la fuga, la riscoperta del quartiere, l’epifania della consapevolezza e la liberazione nella semplicità delle origini. Nasce da una crisi, nel senso etimologico del termine, Le cose possono finire senza concludersi, il nuovo romanzo di Barbara Mileto che sarà presentato venerdì 31 ottobre, alle ore 17,30, presso la Mondadori di piazza Roma, a Catania. Un libro venuto fuori come una furia, un grido seppur sussurrato placato dalla musica, da una canzone sentita tante volte ma ascoltata per la prima volta, Alice di Francesco De Gregori. Un flusso di coscienza, come ama definirlo l’autrice, scritto in appena una settimana, riposto in un cassetto e dimenticato. Fino all’incontro fatale, in un luogo fatale, con Alfio Grasso, patron della Algra Editore. 

“Non so perché – racconta Mileto – ma quando Alfio mi ha detto di mandargli il manoscritto, io gli ho inviato questo e non quello che stavo proponendo, in quel momento, ad alcune case editrici. Lui lo ha letto – l’unico ad averlo fatto – e lo ha voluto pubblicare”.

La storia racconta di Alice, quella che guarda i gatti mentre tutto le scorre accanto, del suo attacco di panico che, come uno “strappo nel cielo di carta”, la porta a lasciare la sua vita patinata degli attici della città bene “in cui spera di essere la regina dei rospi”, per tornare a casa, nel quartiere che svetta sulla collina di Monte Vergine. È qui che, avvolta nel manto di una comunità unica, inizia a riconoscere e abbracciare i suoi limiti, facendone dei nuovi, vitali, punti di forza. 

Una storia di rinascita, in cui il tempo è relativo e si intreccia in un’altalena di esperienze e sensazioni, in una Catania mistica, vivace, autentica.

“Il quartiere è uno dei protagonisti del romanzo – sottolinea l’autrice. La vecchia Giudecca di Susu, dove vivevano i professionisti, i medici e le curandere, con i suoi colori, le sue voci, i suoi forti legami. D’altronde, la chiesa che domina la collina, San Nicolò l’Arena ha ispirato il titolo. Credo sia la più bella incompiuta che abbiamo in Sicilia: quelle colonne mozzate, il transetto appena abbozzato, la rendono magnifica – aggiunge. Secondo me molto più bella di quella che aveva progettato l’architetto”.   

Tanto da guadagnarsi la copertina che ritrae l’edificio in uno scatto della stessa autrice. 

Una storia di sopravvivenza e rinascita, di accettazione e comprensione, che dipinge la fragilità umana con pennellate di eleganza miste a delicati tocchi di brutalità, in una dimensione quasi onirica dove la realtà non sempre ha i contorni definiti. L’atmosfera è magica come altri protagonisti del racconto, i gatti, animali sensitivi secondo molte credenze popolari, che Alice guarderà con nuovi occhi.

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