La “licantropia positiva” dei catanesi “spacchiusi” che si danno allo spasso… dalla Belle Epoque a oggi a dispetto del fascismo

Via Etnea di notte

Via Etnea di notte

La Sicilia è la regione italiana in cui si guida di più durante la notte e Catania la provincia siciliana più “nottambula”. Questo è quanto emerge dai dati recentemente forniti dall’Osservatorio Unipolsai, ricavati dalle scatole nere montate sulle automobili. Non è affatto una novità. Infatti, ancora una volta i catanesi dimostrano di amare, come sempre, le ore buie. In controtendenza con quanto affermato da un rapporto dell‘Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, di qualche tempo che affermava che una delle paura degli italiani fosse quella di andare in giro la notte. Nel corso della storia e nella letteratura, la notte ha nascosto tutte che cose più misteriose e nefande: congiure, omicidi, complotti, riunioni segrete, vampiri, lupi mannari, fantasmi e streghe. Coloro che amano la notte, come i gatti, sono sempre stati considerati tipi strani e poco affidabili. Perlomeno, quando il giudizio è stato positivo, persone particolarmente eccentriche.

I catanesi dunque sono eccentrici, visto che dimostrano di amare, come sempre, le ore buie. Sin dalla fine dello scorso secolo, infatti, Catania è stata la città notturna d’Italia per antonomasia. Tutti gli attori e le ballerine dell’avanspettacolo ritenevano il capoluogo etneo una delle piazze più importanti, proprio per la quantità e la qualità del pubblico presente alle loro rappresentazioni. Ma, anche passata l’epoca della Belle Epoque, i catanesi, hanno continuato a fare le ore piccole. Mai, o quasi mai, in casa o nei locali oppure al club. Sempre in giro, godendo dello splendido clima che rende l’aria mite anche in pieno inverno. Quindi, i punti cruciali del passìo, o meglio del chiaccherìo catanese, erano sempre presidiati da gruppuscoli di amici che si lanciavano in infervorate discussioni fino alla prime luci dell’alba.  Nulla poterono né i divieti fascisti né gli strali della II Guerra Mondiale, i catanesi imperterriti continuavano nei loro riti notturni. Negli anni Settanta, solamente, il deflagrare della microcriminalità, frenò un tantino questa abitudine anche se drappelli di temerari sfidavano di continuo le bande dei malviventi.

Catania, Piazza Duomo in notturna

Catania, Piazza Duomo in notturna

Poi, con la rinascita di Catania, avvenuta agli inizi degli anni ’90, il fenomeno non ha avuto più alcun freno. Non desta meraviglia, infatti, ritrovarsi in un ingorgo in via Etnea alle due del mattino o dover fare la fila alla cassa di un bar un’ora più tardi. Catania è dei catanesi anche in piena notte. Un modo come un altro per dire che, alla faccia della crisi e della disoccupazione, la voglia di muoversi c’è ed anche in piena notte. Il problema, semmai, dovrebbero porselo psicologi e sociologi per capire come mai i catanesi siano afflitti da questa sorta di “licantropia positiva”, nel senso che girano di notte come i lupi mannari ma non sono affatto bestie. Male contagioso o tara genetica? La propensione è per la prima ipotesi, poiché anche i residenti occasionali sembrano essere impossessati dalla medesima frenesia notturna. Perfino i milanesi più attempati, che in quel della Padania sarebbero andati al letto alle otto di sera, si sguinzagliano eccitati lungo tutti i pub del centro storico dimenticandosi, a volte, che il sonno è una necessità fisiologica. Forse la causa di tutto questo è l’Etna, responsabile com’è di quasi tutto quel che avviene da queste parti? Oppure è l’odore della zagara, che profuma l’aria di fiori quando il resto d’Italia è avvolta dalle nebbie? Per l’estate la spiegazione è più semplice: chi può dormire con il caldo che fa? Ma in inverno? Chissà che non possano aprirsi, proprio qui a Catania, nuovi orizzonti per la psicologia.
I catanesi, intanto, persone semplici ed alla buona, non pensano affatto a questo. «Si spaventino pure gli altri della notte, dicono, noi siamo spacchiusi e per questo ce la spassiamo».
G.I.

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