Lavoro, l’opposizione contesta la “Naspi” di Renzi prima ancora di sapere cos’è

La crisi economica ha spinto il Parlamento a ripensare la definizione di “disoccupazione”, rispetto alla quale tarare l’indennità.
Il compito è cominciato con il Governo Monti che per mano del suo Ministro, Elsa Fornero, ha definito “disoccupati” tutti coloro che perdono “involontariamente” l’occupazione e che, “nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione, abbiano maturato almeno un anno di contribuzione, anche quella dovuta ma non versata”. L’indennità di disoccupazione così definita fu indicata con l’acronimo AspI, che la stessa Fornero riformulò in Mini-AspI modificando il requisito contributivo necessario. Con la Mini-Aspi per accedere all’indennità di disoccupazione “è necessario dimostrare tredici settimane di contribuzione (versata o dovuta) da attività lavorativa nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione”.
Persino rispetto alla Mini-AspI l’assai concitata vita politica italiana scriverà presto la parola ‘fine’. Ancor prima di prendere il posto di Bersani prima e di Letta dopo, Matteo Renzi era critico verso le misure sul lavoro del Governo Monti e dall’alto della carica di Premier annuncia la novità della Naspi – la Nuova AspI –, che dovrebbe illustrare al Parlamentare nel giro di pochi giorni.
Intanto, della Naspi sono note soltanto le indiscrezioni di certa Stampa. Tanto basta a sollevare perplessità e critiche tra le diverse forze politiche. Su tutte, prevale la proposta di far ripartire l’Italia dal Reddito Minimo di Cittadinanza, stante la gravità dei dati statistici. In Italia la disoccupazione maschile si attesta intorno a 1.800.000 unità; la disoccupazione femminile è di 1.400.000 unità, ma se si guarda il dato dell’inoccupazione le donne che non cercano e/o non trovano lavoro sono più di 4.500.000. Il che spiega come la disoccupazione femminile non tende a quella maschile e rappresenti un problema molto grave messo al confronto dei dati degli altri stati dell’Unione Europea. Secondo alcuni gruppi parlamentari, ad oggi l’Italia si è limitata a varare misure di contenimento della dispersione scolastica. Agire per la fascia di età compresa tra 15 e 24 anni equivale infatti ad approntare misure rivolte a chi si trova in obbligo di formazione, ben altra cosa di stimolare occupazione tra i giovani.
“Renzi abbandoni l’ipotesi Naspi a favore degli strumenti universali a sostegno della disoccupazione”, chiedono con forza le opposizioni in Parlamento in attesa che il Job Act sia illustrato per documenti e non per dichiarazioni

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