Palazzo Bernini, degrado infinito dopo l’incendio di nuovo occupato

Palazzo Bernini

Palazzo Bernini (foto pubblicata per gentile concessione del consigliere comunale Giuseppe Catalano)

La IX Commissione “Tributi” del Consiglio Comunale di Catania ha effettuato nei giorni scorsi un sopralluogo nell’ormai tristemente famoso palazzo di via Bernini all’interno del quale lo scorso mese di novembre era scoppiato un incendio. L’edificio è ormai abbandonato da anni, più meno dal periodo in cui, nel 1999, l’amministrazione comunale guidata anche allora da Enzo Bianco lo acquistò per oltre 7 miliardi di lire. Il progetto era quello di trasferirvi gli uffici tecnici del Comune e la Direzione Lavori Pubblici. Bianco invece andò a fare il ministro e chi gli succedette non avendo i soldi per ristrutturarlo cercò di venderlo senza successo. L’edificio, abbandonato, divenne sempre più fatiscente. Occupato dai centri sociali, poi da rom e poi ancora da numerosi immigrati è stato più volte sgombrato e altrettante volte le sue entrate sono state murate. Le aiuole, o meglio, i resti delle aiuole che si trovano davanti i vecchi portici scrostati ospitano, tra rifiuti ed erbacce, un cospicuo numero di siringhe e topi enormi che girano indisturbati. Eppure anche dopo l’incendio immigrati e rom sono tornati ad occuparlo nel degrado più completo. I componenti della IX Commissione sono rimasti impressionati da quello che hanno visto e trovato.
«La mia proposta su palazzo Bernini – dice il consigliere Giuseppe Catalano, membro della Commissione – è quella di ristrutturare l’edificio tramite fondi della Regione o del Governo nazionale per farne civili abitazioni e dare la possibilità ad almeno 50 famiglie catanesi di avere un tetto vista la grande difficoltà di acquistare o affittare una abitazione. Purtroppo la crisi, la mancanza di case e gli inesistenti contributi alle politiche sociali non hanno permesso di aiutare i nostri concittadini. Inoltre in fase di progettazione pensare, come fatto per i cantieri di servizio, a impiegare manovalanza locale in modo da fare lavorare i nostri disoccupati».

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