Il sovra indebitamento è un aspetto reale che deriva dalla crisi che stiamo vivendo ormai dal 2007. Eppure sembra esserci uno strumento che potrebbe aiutare piccole imprese, consumatori e professionisti. Lo strumento è la legge 3 del 27.01.2012 che, pur monca del regolamento attuativo, è già attiva. Soprattutto a Catania dove il presidente della VI sezione civile del Tribunale, Marisa Acagnino, l’ha già applicata con successo. Fino ad ora sono solo due le imprese che sono arrivate al decreto di omologa, ma le istanze fioccano e in fila ce ne sono già 15.
Per sapere di cosa si tratta e capire funzionamento e criticità di questa legge è stato organizzato un convegno che si è svolto nell’aula consiliare della Camera di Commercio di Catania. Promotrice Confcommercio Catania, il titolo “Crisi da sovra indebitamento: c’è un rimedio?”.
Breve e incisivo, il presidente di Confcommercio Catania, Riccardo Galimberti: “Abbiamo organizzato questo convegno per far conoscere la normativa che ha come oggetto consumatori, piccole imprese e professionisti. C’è la possibilità di riconsolidare il debito con una transazione fino al 40% qualora sussistano determinati presupposti di solvibilità per il piano di rientro. Il piano va certificato da organi quali la Camera di commercio o professionisti che vengono nominati dal tribunale. L’istanza viene accolta nell’ipotesi in cui la maggior parte dei creditori accetta (anche col silenzio assenso).
“Le possibilità per l’istanza – continua Galimberti – derivano da un fatto: se un imprenditore ha contratto un debito pensando di poterlo pagare e poi per cause sopravvenute non riesce più a pagare quel debito può utilizzare questo meccanismo. Le criticità che sono emerse durante il convegno riguardano i rapporti con le banche e la mancanza del regolamento attuativo”.
Questa legge è indirizzata a soggetti che non possono essere dichiarati falliti ed è molto vicina alla nostra realtà che per il 72% è composta da ditte individuali, sottolinea Alfio Pagliaro segretario della Camera di Commercio. Che evidenzia un altro problema: “Se un’azienda ha previsioni di reddito investe, ma se non li ha rimane fermo e non spende. Quindi come può presentare un piano di rientro se non ha come pagarlo? In più – aggiunge – questa legge ha tanti e tali strumenti anche così difficili da perseguire che scoraggia il suo utilizzo”.
Più pratica e propositiva la presidente Acagnino che ha dimostrato, forse grazie al fatto che è stata la prima ad applicare questa normativa nel Sud Italia, che la legge 3/2012 funziona “anche se andrebbe estesa anche all’indebitamente su tasse e iva, mentre io vedrei – ci dice Marisa Acagnino – una forma di conciliazione o di rateizzazione. Soprattutto per le imprese che in questo modo devono pagare integralmente queste imposte”.
“I tempi giudiziari non sono lunghi. La legge prevede sei mesi e noi – continua la Acagnino – siamo arrivati a otto nonostante manchi l’Organismo di composizione della crisi che è quello che andrebbe disciplinato con il regolamento e che manterrebbe buona parte di questa composizione fuori dalle aule del tribunale. L’Organismo, infatti, stilerebbe il piano di rientro prima di arrivare al giudice. A quel punto basterebbe sentire i creditori per arrivare al decreto di omologa”.
È complicato accedere a questo piano?
No. La legge è complicata ma l’iter in sé è molto semplice”.
Se questo strumento fosse completo in ogni sua parte, sarebbe utile?
Certo. Perché con questo si bloccano le procedure esecutive. Se io ho il piano del consumatore e vengo ammesso a questa procedura, posso bloccare la messa all’asta dell’abitazione. Se ho un pignoramento sullo stipendio si blocca il pignoramento. Questa normativa si può applicare a tutto, persino agli interessi dei conti correnti in rosso…
Eppure qualcuno ha sollevato dubbi…
Forse è sfiducia nelle istituzioni e nelle novità. Abbiamo avuto anche un padrone di casa che avanzava diversi mesi di affitto. Spesso neanche li chiedono perché si sentono già felici dell’essersi liberati dell’inquilino moroso. Eppure siamo riusciti a fargli prendere il 60% dei canoni non pagati e i soldi dello sfratto.
Obiettano che non vale la pena aiutare aziende già in sofferenza…
Ma così chiuderebbero e poi si lamenterebbero delle aziende che chiudono.
Monica Adorno