Matteo Renzi vince ancora: passa la riforma del lavoro in Pd. Polemico Massimo D’Alema che torna in piazza

Matteo Renzi

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Polemiche, urla, strepiti, poi Matteo Renzi vince, anzi stravince, sulla riforma del lavoro. La Direzione Nazionale del Partito Democratico approva la proposta del premier e punta la discussione su quattro punti fondamentali: estendere i diritti ed universalizzare le tutele, offrendo una rete più estesa di ammortizzatori sociali ai precari; ridurre le forme contrattuali, a partire dall’unicum italiano dei Co.co.pro, e favorire i contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti; garantire servizi per l’impiego volti ad interesse nazionale e non a consorterie locali; disciplinare i licenziamenti economici, sostituendo l’incertezza del procedimento giudiziario con l’indennizzo monetario, abolendo la possibilità di reintegro che rimarrà solo per i licenziamenti discriminatori e disciplinari. Il dibattito continuerà nei prossimi giorni ma adesso Renzi è certo di potere contare sull’appoggio del suo partito.

La maggioranza è quindi compatta e perfino Forza Italia guarda alla riforma con simpatia. Qualche mal di pancia ce l’ha ancora la Cgil ma Uil e Cisl insieme a tutti gli altri sono ormai convinti.
La vecchia guardia ex comunista però non si arrende. Massimo D’Alema che ha parlato di continui spot privi di contenuto e Pierluigi Bersani di “metodo Boffo” contro gli oppositori. Non c’è dubbio che il distacco con il vecchio Pd sia netto. Tanto netto che in “soccorso” di Renzi contro D’Alema è intervenuto il deputato catanese di Scelta Civica Andrea Vecchio.

«D’Alema accusa il premier Renzi di interloquire solo con Verdini e  Berlusconi – ha detto Vecchio -. Ciò significa che ha dimenticato di quando faceva lo stesso, portando però a casa il risultato disastroso del fallimento della Bicamerale. Non so dire se Renzi riuscirà a salvare l’Italia, so solo che bisogna  augurarselo, perché oggi non c’è altra possibilità che non sia questo  giovane pieno di energie, di determinazione e di voglia di cambiare. Facciamolo provare, non mettiamogli i bastoni tra le ruote, soprattutto non lo faccia chi ha rovinato l’Italia negli ultimi venti anni. Non si può ancora prestare orecchio al dinosauro della politica D’Alema, vecchio anche quando era giovane, come tutti i più importanti nomi  della nomenclatura. Vada in pensione insieme ai suoi amici dell’ex-Pci, vada a fare un bel viaggio, e mi raccomando: che approfittino di uno sconto di gruppo per visitare l’Alaska. Naturalmente, con biglietto andata e ritorno. Andata domani – ha concluso ironicamente Vecchio -, ritorno fra dieci anni. Solo allora scopriranno e scopriremo se Renzi avrà salvato l’Italia».

«Sinistra è cambiamento, non lascio ad altri l’esclusiva della parola sinistra – ha dichiarato Renzi alla fine del dibattito – e la politica non può delegare le scelte a editoriali, salotti, tecnocrazia. Negli ultimi giorni si sono schierati contro il governo direttori di giornali, imprenditori, banchieri, prelati. Ai più è apparso come un attacco studiato. Io sono così beatamente ingenuo che preferisco credere alle coincidenze».
«Io insisto. Non mollo. Cominciamo con il cambiare lo Statuto dei lavoratori. L’articolo 18 o c’è per tutti o non c’è per nessuno. Va tenuto solo per i casi di discriminazione. Congelare per i primi 3 o 4 anni il diritto al reintegro sarebbe un errore: significherebbe essere un Paese in cui il futuro dell’economia e dell’industria dipende dalle valutazioni dei giudici».
G.I.

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