Al di là delle polemiche, il Lungomare di Catania può essere di tutti

Domenica 6 luglio, lungomare di Catania

Lungomare liberato di Catania a luglio

Sembra sia solo una la notizia di questi giorni. Domenica sera sul Lungomare di Catania un ciclista è stato aggredito e poi portato in ospedale. Un episodio indegno sotto qualunque punto di vista a prescindere dal fatto che tutti noi abbiamo o meno visto i video di questa oscenità per la quale non esiste una giustificazione  neanche come risposta a un’altra violenza.

Ma è davvero questa la notizia del giorno? Quella di cui tutti parlano indignati sui social media e sui media in generale? Diciamo che questa è quella che ha fatto traboccare un vaso che al suo interno non contiene acqua fresca e limpida di sorgente. Il risultato di un’atmosfera pesante che da tempo si respira nella nostra città e che dovrebbe essere placata in tempi strettissimi. Senza fomentare – anche non volendo – divisioni inutili ma restituendo la città ai cittadini. A tutti i cittadini e a prescindere dal mezzo che scelgono per spostarsi. Catania dovrebbe essere vivibile per chi cammina a piedi, in bici, in auto senza la necessità di dimostrare all’altro con sberleffi di aver vinto una battaglia che non esiste. I ciclisti devono poter avere gli spazi per muoversi, così come le auto. E tutti dovrebbero avere la possibilità di esercitare un lavoro che non risenta di fluttuazioni legate a decisioni a senso unico.

Quindi se aprire il Lungomare ai ciclisti è cosa buona, ma non lo è per i commercianti della zona, la risposta non può essere di miope menefreghismo ma basata sulla mediazione e il dialogo con le parti interessate. Anche perché a chi serve aiutare una categoria se se ne affossa contemporaneamente un’altra?

L’Amministrazione di Catania afferma di impegnarsi quotidianamente per una città migliore eppure qualcosa in questo progetto non sembra funzionare per come dovrebbe.

Traffico Nodo Gioeni

Traffico Nodo Gioeni

La prima cosa che fa appena eletta è abbattere il ponte Gioeni. Non solo per le conseguenze sulla viabilità in senso stretto, ma anche e soprattutto per un collegamento mentale e reale che fa di Catania un’area metropolitana concreta ben prima che tutte le leggi Delrio la mettano in pratica. Catania è area metropolitana da decenni. Caso mai le manca l’ufficialità di un super-sindaco che faccia da collegamento tra i Comuni, ma questo davvero può essere un dettaglio. Misterbianco, Tremestieri intesa soprattutto come Canalicchio o zona Leucatia, Battiati, Gravina, Aci Castello e tanti altri fanno parte del tessuto connettivo catanese. Sono legati a doppia mandata con la città: da una parte il luogo di lavoro e dall’altro il posto in cui si vive. E invece così su due piedi, senza neanche capire il perché si decide di abbattere IL ponte. Senza sapere nulla: tempi, sottoservizi, soluzioni alternative. E nel nulla ugualmente si va. E se il commercio in alcune zone muore, pazienza.

Mezzi in movimento nel tratto di lungomare che inizia da Ognina

Mezzi in movimento nel tratto di lungomare che inizia da Ognina

Con lo stesso metodo, e in nome di una guerra all’obbrobrio, scompaiono improvvisamente i new jersey in cemento del Lungomare. Ma… erano lì per salvaguardare vite umane. Non importa. “Al loro posto metteremo dei separé” risposero. Ma di separé, in una qualunque forma prevista dal Codice della Strada, nulla si sa fino a oggi.

In via D’Annunzio non è andata tanto diversamente. Dalla sera alla mattina è stato deciso che era quello il nodo più grave del traffico catanese, all’incrocio con corso delle Province. E così si parte l’8 agosto con la rotonda naturale in prova per due mesi. Eppure tutti sanno che il problema è a monte: in via Giuffrida appena fuori dalla tangenziale ad esempio. O poco più sotto all’incrocio sempre tra via Giuffrida e c.so delle Province.

Protesta Confcommercio in via D'Annunzio

Protesta Confcommercio in via D’Annunzio

E invece no. Vinse la rotonda naturale che di naturale al momento ha poco, pochissimo, visto che non si capisce se quegli spartitraffico sono rotonde oppure no. E il casino è costante. E mi chiedo (e l’abbiamo chiesto anche con una proposta concreta https://www.leggimionline.it/2014/09/02/6786/) perché non è possibile sistemare la viabilità in via Sanzio, aprire il parcheggio omonimo e invertire il senso di marcia in via Giuffrida tra via Sanzio e c.so delle Province? Occorre solo sistemare la segnaletica e poco di più. Il progetto – abbiamo poi saputo – è già all’Utu, realizzabile in pochissimo e senza grandi spese. Intanto però la rotonda naturale è sempre lì. Nonostante i due mesi di prova scaduti, le proteste dei commercianti e quella dei cittadini.

Non è che al “Lungomare liberato” sia andata in modo tanto diverso. Un bel giorno si è deciso che il Lungomare non era più dei cittadini. Un giorno al mese sarebbe stato solo di una parte della città: quella a piedi e quella in bici. Ma perché? Perché il lungomare non può essere di tutti contemporaneamente, rispettando le esigenze di ognuno? Perché posso camminare in bici solo dodici volte l’anno? Perché non posso comprare i cannoli da Ernesto o alla Tavernetta 12 volte l’anno? Detto così questo 12 sembra un numero irrisorio ma irrisorio non è se si pensa che il fatturato della domenica dagli esercizi commerciali del Lungomare rappresenta il 20%, se non di più, del totale. Allora il 20% può essere la differenza tra un guadagno e una perdita. È la differenza tra una possibile assunzione e un licenziamento assicurato. E davvero Catania può permettersi altri licenziamenti? Davvero in questi tempi di vacche magre possiamo permetterci di battere i pugni contro chi chiede di lavorare? E negare un confronto a chi chiede di parlare, concertare, dialogare?

Catania è da sempre una città a vocazione commerciale che vanta circa 5.000 esercizi. Non è una novità, lo sanno tutti. E qui il punto non è mettere in crisi un settore che è già in crisi, ma non fare nulla per farlo risollevare approntando d’emblée decisioni che possono metterlo in ginocchio ancor di più.

Domenica al Lungomare oltre ai ciclisti c’erano anche loro. I commercianti in corteo, e i loro esercizi chiusi. Tutti. Persino la giostra! A protestare per una decisione che hanno “incassato” per sei volte da giugno a ora e che secondo loro non rende. Possibile che sono tanto sciocchi da chiudere tutte le saracinesche se il problema non è grave? Per quanto poco possa valere, io non credo.

E se serve una soluzione che metta d’accordo tutti. Eccola. Servita su un piatto d’argento dall’ing. Giacomo Guglielmo che si occupa di viabilità e che si è occupato della viabilità catanese con risultati eccellenti e visibili a tutti.

Il lungomare di Rimini con la pista ciclabile, i marciapiedi e le corsie per le auto

Il lungomare di Rimini con la pista ciclabile, i marciapiedi e le corsie per le auto

“Il Lungomare di Catania può essere di tutti – afferma Guglielmo – basta solo copiare quanto già realizzato da città turistiche da sempre e a vocazione mediterranea come la nostra. Pesaro e Rimini tanto per fare un esempio. Città dove il mare c’è ed è vissuto da tutti e dove nessuno si sogna neanche per un secondo di limitarlo. Una decisione che tra l’altro è impossibile applicare a Catania dove il Lungomare rappresenta il normale completamento della Circonvallazione, quindi un’arteria importantissima per le auto. E se chiuderla obiettivamente non si può – ci dice Guglielmo – allora occorre una soluzione diversa. Vanno allargati i marciapiedi per dare più spazio ai pedoni. Subito accanto vanno realizzate due piste ciclabili (per i due sensi di marcia). Le corsie per le auto – in attesa che si completi via A. De Gasperi – diventano due, una per andare e una per tornare. L’ultima parte della carreggiata, la più lontana dal mare, da adibire a posti auto. Tra l’altro – continua Guglielmo – ridurre l’ampiezza delle corsie dedicate alle auto eliminerebbe quelle inversioni a U tanto pericolose. In questo modo anche il passeggio sarebbe più simpatico, più raccolto e più disponibile alla socialità.

È il momento di confrontarsi – conclude Guglielmo – evitando posizioni demagogiche e di chiusura”.

Soprattutto è il momento in cui bisognerebbe fare della parola programmazione la filosofia politica di questa città. Cancellando e abbandonando non solo l’idea di approssimazione che fino a questo momento è stata data, ma anche la mancanza al dialogo che fino a oggi ha contraddistinto questa Amministrazione.

Monica Adorno

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