Tutankhamon, nel re bambino il fascino di un faraone… il racconto di Zahi Hawass incanta Catania

La maschera d'oro di Tutankhamon

La maschera d’oro di Tutankhamon

Catania – Sabato pomeriggio il teatro Sangiorgi era strapieno e in tanti sono rimasti in piedi per assistere alla lectio magistralis dal titolo “Piramidi, mummie e Cleopatra: recenti scoperte” del massimo esperto mondiale di tesori egizi Zahi Hawass. Un evento organizzato dal Comune e dall’Archeoclub di Catania, che ha concluso le celebrazioni sul Bimillenario di Augusto.
Immancabili i saluti del sindaco Enzo Bianco che ha introdotto la storia di Catania e che ha lasciato la parola all’egittologa Stefania Sofra e a Daniele Malfitana direttore Ibam-Cnr di Catania. Nel suo intervento Malfitana ha presentato i punti di contatto tra l’era in cui stiamo vivendo e quella augustea facendo leva su ruolo che giocano i social network nel contribuire a creare e a mettere in giro idee. Strano a dirsi, questo succedeva anche durante l’impero di Augusto che ha favorito la rinascita culturale. Il problema di oggi, piuttosto, è capire dove stiamo andando e qual è il ruolo della politica. Individuare il capitale umano necessario a risolvere i problemi. Ed è in questo contatto che si sposano l’antica idea di Impero e la nostra (intesa come attuale) idea di Stato. Avendo la consapevolezza che bisogna lavorare per un’idea paese in cui le bellezze siano accessibili e non “vietate” ai turisti di ogni ordine e grado perché chiuse.

L’archeologia inversiva

Ma Daniele Malfitana sposta il baricentro più in là e punta sulla tecnologia per il futuro della conoscenza e della visione delle opere. Le nuove scoperte “asservite” – se così si può dire – alla cultura rendono inutile qualsiasi eventuale sventramento delle città per portare alla luce antiche bellezze, ma le rendono vive tramite la riproduzione digitale e, perché no, anche in 3D. Un accesso globale che è possibile tramite l’archeologia inversiva e il progetto che stanno portando avanti i ragazzi di “Open Ct”. Per quanto interessante l’intervento di Malfitana che ha proposto dei punti di contatto tra il periodo augusteo e la primavera che Catania sta vivendo adesso (e che abbiamo letto anche con una certa ironia, nda), era la lectio magistralis di Zahi Hawass il fulcro del pomeriggio. L’unico egittologo riconosciuto al mondo, segretario generale delle antichità egiziane, protagonista di ogni ricerca che veda implicata la famiglia dei faraoni. Ed è sempre lui che ha partecipato in prima persona alla ricostruzione del volto di Tutankhamon che ha colto di sorpresa tutto il mondo non più tardi di una settimana fa.

Come tutti grandi, Hawass di grande non ha nulla. Non all’esterno almeno. È semplice, disponibile e allo stesso tempo fermo e determinato. Sa quel che vuole e sa pure come redarguire (anche più volte ahimè) l’interprete che gli è stato messo accanto e che nulla sapeva oltre all’inglese, forse neanche che in Egitto un tempo ci stavano i faraoni e che le piramidi sono ancora oggetto di studio. Ma chiudo parentesi su un’immagine davvero indecorosa che Catania avrebbe potuto e dovuto evitare davanti a un personaggio così illustre.

Foto e pathos di Zahi Hawass

E torniamo ad Hawass che in un’ora e mezza ha raccontato, con foto e pathos, della rivolta egiziana iniziata tre anni fa, dei furti al museo del Cairo per cercare oro e mercurio rosso, delle mummie che si sono salvate per caso dalle azioni di questi scellerati, del respiro di sollievo che ha tirato quando ha ritrovato nel museo Tutankhamon che pensava trafugato. Ha raccontato delle scoperte che ha fatto da giovane ringraziando chi lo ha guidato e accompagnato per mano lungo i percorsi che lo hanno condotto a centinaia di metri sotto terra riemergendo ogni volta con tesori e storia per stupire il mondo.
Dopo tre anni di guerre adesso in Egitto c’è la pace, dice Hawass ben tradotto (molto spesso) da Stefania Sofra. Si può andare ovunque, anche nel Sinai. “Il mio Paese è più vicino all’Occidente di quanto lo sia mai stato ed ha bisogno di soldi, e quindi di turismo” racconta sornione Hawass. Soldi per completare il museo di Alessandria, per finire il restauro dei sarcofagi che si trovano dentro le piramidi di Sakkara.

Tutankhamon il faraone bambino che cadde dal cocchio

Hawass affascina e nessuno batte un ciglio mentre racconta che in Egitto tutte le scoperte sono avvenute per caso, persino quella del 4 novembre 1922 che svelò al mondo che Tutankhamon esisteva. E fu un ragazzino di nove anni a trovarlo, lo stesso immortalato in quella foto in cui sfoggia una bellissima collana – anch’essa tesoro della scoperta – su una blusa bianca azzeccatissima.
E poi il momento della tac al “re bambino”. L’emozione (che traspare ancora sul viso di Hawass) di trovarsi, finalmente, faccia a faccia con quella mummia che per anni ha amato e venerato. Il sottile piacere di scoprirne dettagli e lineamenti… Hawass non lo nasconde, è stato quello il momento più bello della sua vita: arrivare a Luxor, mandare via i turisti (che tornarono poche ore dopo con le telecamere di una tv giapponese!), aprire la tac e… E il resto è storia. Una storia recente che ha affollato, in tutto il mondo, le pagine di quotidiani e riviste di ogni tipo con la foto di Tutankhamon ricostruita al meglio dall’equipe francese che lavorava in contemporanea ad altri due team di paesi diversi. Una scoperta incredibile che solo per miracolo ha resistito alla fiamma ossidrica di chi – per primo aveva – trovando la mummia aveva cercato di separare la maschera d’oro dal resto.

Ma la tac ha svelato molto di più. Tutankhamon aveva i piedi piatti, il sangue non scorreva tra le dita dei suoi piedi ed è per questo che accanto alla mummia (l’unica trovata seduta e non alzata) sono stati ritrovati 137 bastoni. In più soffriva di malaria ed è morto di cancrena poche ore dopo esser caduto dal cocchio.

Le briglie della maledizione

In Egitto non sono i segreti che mancano. La Sfinge ne è un esempio come lo è la piramide di Cheope e la tomba di Cleopatra che ancora non è stata trovata. Anche se è solo questione di tempo, assicura Hawass che non crede alle maledizioni legate ai monumenti funebri dell’antichità. Ma sempre Hawass “libero” dalle briglie della superstizione, e solo per non sbagliare, ha sempre “concesso” a qualcun altro il “privilegio di entrare per primo in una nuova scoperta.

La terra dei faraoni anela di più, non solo il tempo e la possibilità di trovare quel 70% di opere d’arte che ritiene ancora nascoste dalla sabbia, ma il ritorno in patria di quelle opere sfoggiate in musei “altri” in giro per il mondo. Il busto di Nefertiti (Berlino), lo Zodiaco di Dendera (Louvre), la Stele di Rosetta (Londra), La statua dell’architetto delle piramidi e, non ultima, la statua di Ramesse II esposta a Torino.

@MonicAdorno

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