Quello che è accaduto la settimana scorsa a Catania è senza dubbio gravissimo. Il terribile risultato di una situazione che è disastrosa ormai da anni. Gli ultimi governi regionali, precedenti a quello di Rosario Crocetta, coscientemente o incoscientemente hanno impoverito la sanità pubblica. Saranno state le necessità di risparmio o altre logiche ma sono stati eliminati centinaia di posti letto e le dotazioni organiche sono ormai ridotte all’osso. Chi ha gridato allo scandalo quando, qualche anno fa, interi reparti storici della sanità catanese sono stati chiusi o accorpati?
Scriveva il 27 settembre 2006 su L’Unità Saverio Lodato: «La Sicilia è la regione con il più alto numero di strutture sanitarie private – oltre 1800. Un letto su tre negli ospedali è privato… L’altra faccia però di questo primato è dato dalla costante migrazione sanitaria, un esodo biblico di ammalati i quali, per nulla abbagliati da questo modello sanitario Sicilia, fanno la scelta di considerare l’aereo che li porta nelle città del nord come il miglior medico nel quale avere fiducia… Ora, senza voler essere maligni, ma ricordando la stragrande quantità di medici amici di Cuffaro che sono stati arrestati per mafia – medici, però, tutti rigorosamente dediti all’attività pubblica -, possiamo concludere con questo piccolo teorema: il cuffarismo sviluppa ed estende gli affari nella sanità privata e contemporaneamente rafforza il sistema clientelare nella sanità pubblica, sterminata prateria di clientes per incarichi di primariato e di direzione delle aziende sanitarie».
Questo non vuol dire che tutte le cliniche private appartengano a questo sistema ma è fuor di dubbio che l’assistenza che esse offrono non può essere allo stesso livello di quelle pubbliche, anche se malfunzionanti, perché, nel caso dell’ostetricia, mancano di reparti essenziali come la rianimazione e la neonatologia. In caso di emergenza sono costrette a chiedere aiuto ed ecco cosa succede quando le cose vanno maledettamente male. E la sanità pubblica a volte non riesce a dare una tempestiva risposta adeguata.
A onore del vero il presidente Crocetta si è da tempo reso conto dello stato delle cose e l’assessore Lucia Borsellino, parlando a un convegno che si è tenuto a Catania qualche settimana fa, aveva annunciato che, finalmente entro pochissimo tempo sarebbero stati pronti i concorsi per coprire le deficienze di tutta la sanità siciliana.
Scrive un medico catanese sul suo profilo Facebook: «Ricorderei al presidente Crocetta di pensare prima di dire “c’erano posti più vicino”… ma erano disponibili oppure erano pieni???…lui sa cosa è un posto di UTIN… quanto personale ha bisogno?… ora sono tutti indignati, mandano i commissari, “cose che non debbono succedere”… ma se hanno mummificato la sanità siciliana, sanno solo tagliare i posti letto ed anche il tournover senza integrare il personale medico, paramedico e di supporto… sanno come viviamo le urgenze in ospedale ogni secondo della giornata? …vengano a stare con noi sul posto di lavoro e dopo potranno parlare… sparare sugli inermi è facile… in questo momento è consigliabile una corretta riflessione sul da farsi e un rigoroso silenzio… dopo si può parlare seriamente dei problemi che affliggono sempre più la sanità».
E un’infermiera professionale, sempre su Facebook, scrive: «Penso che se la piccola Nicole fosse stata tempestivamente portata al Pronto Soccorso più vicino senza indugiare e senza perdere tempo nel cercare posti letto chissà forse c’è l’avrebbe fatta. Quando in un Pronto Soccorso arrivano casi così importanti vi assicuro che tutto il personale si fa in quattro per salvare una vita. Il posto letto si sarebbe trovato ma prima l’importante era stabilizzare la bambina. Il vero problema è che tutte queste cliniche non sono attrezzate per le procedure di emergenza per questo è sempre meglio andare in ospedale. Non vi fate ingannare dalle comodità e dal lusso delle cliniche ma riflettete sulla sostanza. Sì lo so l’assistenza a volte lascia a desiderare ma nei casi di emergenza è sempre meglio optare per l’ospedale che offre più servizi. Quello che è successo alla povera mamma di Nicole deve farvi riflettere sulle vostre scelte. È la sanità siciliana che deve mettersi in testa che tutte queste cliniche devono essere strutturate secondo dei criteri dove si possano affrontare gli interventi rianimatori oppure che chiudano tutte, e rafforzare ancora di più gli ospedali maggiori che hanno le aree di emergenza per renderli ancora più efficaci. Oggi non si può accettare la morte di una bambina per queste carenze».
Il sindaco di Catania Enzo Bianco intanto chiederà alla Giunta che il Comune si costituisca parte civile nel processo contro i responsabili di quella che ha definito «una tragedia indegna di un Paese moderno», ossia la morte di una neonata per via di una serie di ritardi e dopo che a Catania non erano stati trovati posti in Unità di terapia intensiva prenatale. Il Sindaco ha sottolineato l’importanza del fatto che «Tutta la città chieda conto delle sue azioni a chi ha consentito che una neonata potesse morire a poche ore dalla nascita».
L’inchiesta deve essere condotta con il massimo scrupolo e totale intransigenza. Una volta per tutte qualcuno dovrà pagare per le proprio responsabilità. Ma prima di scatenare la caccia al colpevole, magari con indiscriminate campagne giornalistiche, bisogna verificare tutti, ma proprio tutti, i fattori che hanno portato la piccola Nicole alla morte. E poi agire senza nessuna clemenza applicando la legge nella sua massima severità.
Bisogna, però, anche aprire necessariamente la triste pagina dei controlli: se si fanno e come si fanno. Magistratura, Nas, Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia, Vigili Urbani e del Fuoco, Ispettori dell’Asp e del Ministero della Sanità e del lavoro, hanno prontezza di come sono organizzate, strutturate ed equipaggiate le cliniche private, convenzionate o meno con il Sistema Sanitario Nazionale? In Europa andare in una struttura privata significa scegliere il meglio di professionalità e tecnologia. In Italia forse le cose non stanno proprio così. Sono anni che si sussurra di una sanità pubblica “devastata” per dirottare tutto verso quella privata. Fare chiarezza su questo sarebbe utile a tutti. In fondo chi ha denaro da spendere può farlo per propria scelta ma chi questo denaro non lo ha deve però avere le stesse garanzie di assistenza e professionalità, magari senza scegliere il pasto del giorno con cinque portate. Ma nessuno, proprio nessuno, ricco, normale o povero, debba mai perdere un bene prezioso come la vita propria o di un congiunto per l’inefficienza, l’incompetenza, la trascuratezza che fin troppo spesso riscontriamo in Italia a tutti i livelli e non solo nella sanità.
Mat