Città Metropolitane, elezioni e pasticci costituzionali. Il parere di Felice Giuffrè: «Dovrebbero votare i cittadini»

La legge che istituisce le Città Metropolitane si scontra con la legge nazionale e apre scenari caotici in campo politico e istituzionale. “Il rischio è che si vada avanti fino a quando la Corte Costituzionale non la dichiarerà illegittima per dover poi ri-cominciare”

Palazzo Minoriti sede storica della Provincia Regionale di Catania

Palazzo Minoriti sede storica della Provincia Regionale di Catania

Al netto delle modifiche che l’Ars dovrebbe effettuare, si tratta di un gran pasticcio. La legge regionale istitutiva delle Città metropolitane, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la scorsa estate, rappresenta un vero proprio ingorgo legislativo, aprendo scenari caotici non solo a livello politico ma istituzionale.
Due, infatti, le leggi che, attualmente, regolano la fine delle province in attesa della loro abolizione definitiva (che potrà avvenire solo in seguito alla riforma della Costituzione e alla modifica dell’articolo 114): la legge esitata dal Governo Crocetta, che ha legiferato in piena autonomia come prevede lo Statuto, e la norma del ministro Delrio, quella nazionale, la legge 7 aprile 2014, n. 56, valida per il resto del Paese. Due norme differenti che, così come sono, non possono coesistere. Da qui l’impugnativa da parte del Governo che ha ravvisato profili di incostituzionalità riferiti a due particolari aspetti della legge regionale: l’assenza del voto ponderato (cioè del voto che valga proporzionalmente di più a seconda della rappresentatività) e l’automatica candidatura a sindaco della città metropolitana da parte del primo cittadino del Comune capoluogo.

Due aspetti controversi che il Governo ha chiesto di modificare ma che l’Ars pare non voglia recepire, almeno non subito. Con il risultato che, mentre l’Assemblea regionale discute, le procedure avviate dalla pubblicazione in Gurs della legge istitutiva delle Città metropolitane – siciliane – va avanti. Come spiega il costituzionalista Felice Giuffrè, al quale abbiamo chiesto di illustrare l’inghippo istituzionale e commentare la legge sulle Città metropolitane.

Il costituzionalista, Felice Giuffrè

“Il governo ha impugnato la legge regionale che istituisce le nuove realtà territoriali perché non veniva rispettato quanto contenuto nella riforma Delrio – spiega Giuffrè – al cui interno vi sono elementi che valgono come principi di grande riforma economica e sociale, dunque da rispettare anche da parte di chi gode di autonomia.
In particolare per quanto riguarda due aspetti – prosegue il costituzionalista – la mancanza di ponderazione nel voto dei singoli Comuni e l’elezione del sindaco”.

Non solo. Nel frattempo, nel 2014, la Corte costituzionale ha ritenuto illegittimo il meccanismo di controllo sulle leggi siciliane che permetteva di portare avanti la parte della norma non impugnata, in attesa di definire i restanti aspetti. Questo ha portato il governo Crocetta a proseguire nell’iter stabilito dalla legge regionale in toto, compresi dunque gli aspetti impugnati, su cui potrà intervenire la Corte costituzionale.

La Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale

Insomma, pare che attualmente la legge siciliana – tornata da martedì in prima commissione – rimanga in vigore, nonostante la data sia saltata, i commissari confermati fino a giugno 2016 e i soldi dell’Ars sono stati comunque spesi per organizzare, la ormai fu, elezione del 29 novembre. “Il rischio – spiega ancora il professor Giuffrè – è che si vada avanti fino a quando la Corte costituzionale non si pronuncerà dichiarando la norma illegittima. A quel punto, si dovrebbe ricominciare da capo”. A meno che, l’Ars non modifichi i due punti contestati dal Governo nazionale che, a quel punto, potrebbe dichiararsi soddisfatto.

In ogni caso, attualmente la norma regionale va avanti come se da Roma non si fossero espressi; tanto è vero che, lo scorso fine settimana, sono state presentate le candidature a sindaco nelle Città metropolitane: 16 a Catania e ben 35 a Palermo. Ma è possibile che, in zona Cesarini, l’Ars metta mano a questo aspetto, recependo le indicazioni del Governo nazionale, e posticipi, al 2016, il voto.

Professore, sembra un vero e proprio pasticcio. Cosa ne pensa lei della riforma, della legge e di quello che ci aspetterà?
“Io ritengo che sia senza dubbio utile riformare questi enti di area vasta. Rispetto al passato si sente infatti la necessità di gestire in modo integrato alcuni servizi, penso ai rifiuti. Nella legge è previsto un intervento rivolto proprio a questo”.

Non ritiene che, con questo sistema che non prevede il voto da parte dei cittadini, si possa mancare di rappresentatività?
“Il mio dubbio è proprio sull’elezione di secondo grado, per il sindaco e per la Giunta metropolitana, perché ritengo sia corretto dare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. In ogni caso, in Sicilia è prevista questa possibilità che potrebbe essere presa in considerazione in un secondo momento. L’elezione diretta non è invece prevista nella riforma Delrio”.

M.T.

 

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