Enzo Siviero: “Ecco perché il Ponte sullo Stretto si deve fare”

Professore della Scuola di Architettura di Venezia e ora rettore dell’Università e-Campus , Siviero è un fautore del Ponte. In una chiacchierata con lui ecco tutti i perché e come mai il governo ha deciso di dirottare al Frejius i soldi che erano destinati al Ponte

Il Ponte Una metafora, il convegno in CamCom Catania

Il Ponte Una metafora, il convegno in CamCom Catania

Catania – Il Ponte sullo Stretto infiamma gli animi e le discussioni che sostengono le due parti da sempre in contrasto tra loro, non hanno trovato una soluzione anche se qualche No cede al Sì. Prima sporadicamente e poi un po’ più spesso. Continuare a parlare del Ponte ha un suo perché e anche un obiettivo che non sta solo nel voler imporre un’infrastruttura a tutti i costi, ma nel voler spiegare le ragioni e i benefici pratici da chi, magari, si è lasciato fuorviare da indirizzi politici. Lo scorso venerdì la questione Ponte ha tenuto banco a Catania, in un convegno dal titolo “Il Ponte. Una Metafora” che si è tenuto alla Camera di Commercio e che è stato organizzato dall’Università e-Campus con la collaborazione di CamCom Catania e gli interventi dei presidenti degli Ordini degli Ingegneri, degli Architetti e dei Dottori Commercialisti di Catania: Santi Maria Cascone, Giuseppe Scannella e Maurizio Stella. Pietro Agen è intervenuto come presidente regionale di Confcommercio e Paolo Nicolosi per il collegio dei geometri di Catania.

Il rettore Enzo Siviero

Il rettore Enzo Siviero

Ma il vero condottiero pro-ponte è stato sicuramente il rettore della università e-Campus, il prof. Enzo Siviero che ha spiegato passo per passo il perché dei suoi Sì. E sono tanti. A cominciare dal vedere il Ponte come una metafora assoluta.
“Spesso ho parlato del ponte tra la Tunisia e la Sicilia come ponte ideale – ha iniziato Siviero – tra l’Africa e l’Europa. La metafora è quella dell’unione, dell’integrazione, del dialogo. Ogni volta che si deve dare una informazione di collegamento, si parla di ponte. In qualsiasi senso, non solo quello fisico. Io ho la fortuna di averne realizzati parecchi, di averli insegnati alla Scuola di architettura di Venezia per 25 anni. Adesso sono stato catapultato in questa università e-Campus che, per me, è una Università ponte tra quella tradizionale e le famiglie perché arriva nelle case delle persone. E il ponte, qualsiasi ponte, è un’indicazione di fratellanza, di amicizia e perché no, di amore”.
Dal punto di vista emotivo certo, ma se congiungere davvero la Tunisia con la Sicilia è impossibile, unire Messina con Villa San Giovanni sarebbe più semplice…
“Di questo sono un fautore assoluto. Mi sono dato molto da fare, da esterno, per fare in modo che quest’opera venga realizzata. Però il ponte di Messina è l’unico ponte che divide. Nella storia tutti i ponti hanno unito, questo ha diviso perché è stato connotato politicamente. È stato il ponte di Berlusconi dimenticando che a suo tempo l’aveva voluto Prodi. C’è chi lo vuole o chi non lo vuole esclusivamente per motivi politici ed elettorali. Biecamente. Perché l’Italia ha una vista corta, quella delle elezioni e il politico di turno si preoccupa solo di avere il consenso. Se in quel momento si cavalca il “No Ponte” allora il ponte non si fa”.
Eppure c’era un contratto…
“E il nostro è l’unico Stato al mondo in cui si legifera per far saltare un contratto. Questa cosa non sta né in cielo né in terra. Ci hanno riso dietro in tutto il mondo ed è per questo precedente che gli investitori stranieri non vengono. Politicamente avevano deciso che non volevano il ponte. È incredibile. E non si tratta neanche di un problema economico – chiosa Siviero -, perché lo stesso giorno in cui hanno tolto i due miliardi dalla programmazione (sui 6 mld complessivi) per il Ponte di Messina, li hanno dati al Frejius. Il punto è che al nord le cose si fanno perché lo vuole la Germania che è quella che non vuole il ponte di Messina. E siccome noi siamo cretini, siamo caduti nella trappola.
“Se uno pensa, ragionando concretamente, che passano 2.000 navi al mese nel Mediterraneo per andare al 95% a Rotterdam e ad Anversa. E che le merci che arrivano dalla Cina, passano da Rotterdam e da Anversa e poi scendono a Milano. Invece potrebbero fermarsi in Sicilia, che è un grande porto naturale, e attraverso il ponte di Messina raggiungere più velocemente anche Berlino. Ecco perché siamo un po’ suicidi”.
Spesso si è posto il problema su aspetti tecnici: questa terra è sismica… ci sono le zolle… c’è il vento… le due coste si allontanano… Tutto questo è vero?
“No, queste sono fake news. Sono problemi che sono stati posti all’inizio della fase progettuale, venti anni fa. I primi approcci al progetto hanno evidenziato queste problematiche alle quali si è posto rimedio con una capacità, tipicamente italiana, di essere inventori di nuove soluzioni. Il ponte di Messina ha una sezione di impalcato che si chiama, in giro per il mondo, Messina type. Noi, in Italia, non l’abbiamo realizzata ma altri, nel resto del mondo, l’hanno fatto. Si tratta di un impalcato alare creato proprio per resistere al vento. E il ponte di Messina è stato dimensionato nella Galleria del vento. Al Politecnico Milano, dal prof. Diana.

Akashi Bridge, Giappone il ponte più lungo del mondo a campata unica

Akashi Bridge, Giappone il ponte più lungo del mondo a campata unica. 1991 metri di luce.

“Il problema delle zolle c’è, lo spostamento è di un centimetro l’anno. Ma i giunti del ponte di Messina – prosegue Siviero – son lunghi otto metri e tre di questi otto metri servono a questo. Certo questi giunti costano una barca di soldi, ma non è questo il punto.
“Poi. In questo momento il ponte più grande del mondo, insuperato, è il Akashi Kaikyō in Giappone. 1.991 metri di luce, il nostro sarebbe stato 3.300 metri quindi diventava una cosa stratosferica. Ebbene, per tre anni i giapponesi hanno impegnato risorse e materiali e hanno fatto crescere la tecnologia attraverso l’università. In questo modo sono diventati i detentori di una tecnologia costruttiva. Noi questa opportunità l’abbiamo persa. La Società Stretto di Messina aveva messo a disposizione dei quattrini per finanziare laboratori a Reggio Calabria e Messina per evolverci su questa questione. Anche su questo abbiamo saputo dire di no”.

Parlando del ponte di Messina non abbiamo approfondito le possibilità occupazionali, non solo nella fase di costruzione ma anche in quella di manutenzione per gli anni a venire. E poi c’è anche l’aspetto turistico: in tutto il mondo per visitare un ponte la gente paga un biglietto.
Akashi Bridge, Giappone il ponte più lungo del mondo a campata unica“Esatto. Questo è uno degli elementi principali su cui non si è fatta un’adeguata battaglia culturale. Però il primo responsabile è chi al vertice del Ponte di Messina ha sempre lavorato per rispondere alle critiche e mai per evidenziarne le possibilità. Questo è stato un errore strategico indicibile, perché le decisioni di chi sta ai vertici dipendono dal continuare a rimanere seduti sulla poltroncina. E a seconda di come gira il mondo cambia idea. Secondo, diciamolo francamente, i siciliani ci hanno messo del loro. I No Ponte sono andati oltre ogni questione. Per capirlo basta guardare il ponte di Brooklyn che ha influito persino sulla mentalità e sulla logica del territorio e dell’ambiente, diventando un simbolo. Il Ponte di Messina sarebbe diventato il simbolo del Sud. Il Ponte avrebbe consentito la rigenerazione urbana, la riqualificazione del water front. I messinesi dimenticano che l’operazione avrebbe consentito lo spostamento della stazione ferroviaria, la costruzione della metropolitana… una serie di vantaggi infiniti ai quali è stato detto di no per motivi ideologici. E anche il voler impiegare i soldi in qualcos’altro come è finito? I soldi sono andati al Nord. Non è rimasto un euro in Sicilia”.
Quindi il ponte non si potrà più fare?
“Si dovrà fare. Si potrà fare. In questo momento – conclude Siviero – il contenzioso è di circa un miliardo di euro. Ben che vada lo Stato italiano dovrà pagare almeno 700milioni di euro. Ci converrà?”.
Monica Adorno

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