Viaggio nei ricordi del tempo con la “roba” fotografica di Giovanna Brogna Sonnino

La mostra, ospitata nello studio 2Lab, ha il sapore di un percorso terapeutico che prende spunto dalla tradizione, tutta siciliana, secondo cui “qui non si butta via niente”

"In Sicilia non si butta via niente", la mostra di Giovanna Brogna Sonnino

“In Sicilia non si butta via niente”, la mostra di Giovanna Brogna Sonnino

Catania – Dietro la porta arrotondata l’ingresso è un po’ buio e in salita. L’ascensore c’è ma non è la prima cosa che salta agli occhi, mentre la scala è lì in salita e ti invita a salire anche se non ti dice esattamente quando arriverai. Tra un piano e l’altro una striscia di foto appese sul muro ti indicano il percorso come la strada di mattoni gialli del Mago di Oz e in effetti dopo aver varcato la porta di ingresso sembra di essere nel mondo di Dorothy. Una piccola montagnola di scarpe occupa l’ampio angolo al centro e porta lo sguardo verso il corridoio ma anche verso la porta. E se ti giri indietro una vasca in ceramica simile a una enorme acquasantiera ti spinge a curiosare, ma è inutile… acqua non ne ha. Due secondi dopo Giovanna Sonnino ti accoglie con qualche foto tra le mani e anche se è minuta e parla con una voce sottile dà l’impressione di nascondere tanta energia.
La mostra “In Sicilia non si butta via niente” è ospitata nello studio 2Lab di Carmelo Stompo, Fabio Consoli e Paolo Gimulè. Lungo i corridoi e dentro una grande sala dello studio di piazza Duca di Genova, sono appese foto e composizioni che raccontano chi era, o meglio, cosa provava Giovanna Brogna Sonnino quando ha scattato quelle foto.

"In Sicilia non si butta via niente", la mostra di Giovanna Brogna Sonnino“Queste immagini rappresentano un periodo della mia vita, quello degli Anni Novanta – ci spiega Giovanna Sonnino -. Ed è l’ultimo in cui ho fatto foto perché subito dopo ho iniziato a lavorare in Rai e a fare televisione. Nel corso degli anni queste foto le ho stampate, incorniciate, ristampate e alla fine ho deciso di portarne alcune a Catania ma stampandole su un supporto fotografico più facile da accartocciare, per renderle più simili al tempo che passa e con un delizioso aspetto tridimensionale”.
Perché in Sicilia non si butta via niente?
“Qui c’è davvero un attaccamento alla “roba” molto radicato e che si estende un po’ a tutto: il non buttare gli oggetti conservandoli, avere anche uno strano malessere nel separarsi dalle “cose” della nostra vita”.
Qual è il messaggio di questa mostra?
“Ognuno deve trovare il proprio. Io credo nei ricordi, la vita è senza dubbio complicata e tutti, chi più chi meno, cerca un sistema per soffrire di meno o per darle un senso che, forse, in realtà, non ha. Per me questa mostra è stata terapeutica a cominciare dalla selezione che ho dovuto, e voluto, fare e che mi ricordavano cose brutte. Diciamo che lo propongo come sistema efficace. È un aiuto. In quel periodo io mi sentivo sola e queste foto rispecchiano questa solitudine. Anche l’uso del grandangolo si avvicina al nostro modo di guardare che non è focalizzato su un solo punto ma si allarga in uno spazio più ampio. Da pochissimo mi sono accorta che di quel periodo, ricordo solo le cose che ho fotografato… questo processo conservativo è servito”.

"In Sicilia non si butta via niente", la mostra di Giovanna Brogna SonninoQuindi è un bene non buttare via niente?
«In certi casi, sì. Per questo nella piccola introduzione alla mostra ho citato Tomasi di Lampedusa che nella Sirena racconta che durante la guerra aveva perso la sua casa e quando ritorna tra le tante cose distrutte trova un frammento del piede di Ulisse e lui lo conserva, credo, come ricordo del “tutto”».
Ci dirigiamo verso l’uscita per imboccare, al contrario, la strada di mattoni gialli e incontriamo di nuovo quella piccola montagna di scarpe. All’entrata sembravano tutte uguali invece erano di colori e forme diverse e tutte usate. Anche quelle fanno parte della “roba” di Giovanna Sonnino, tutte le scarpe che ha acquistato e indossato nello stesso periodo delle foto. Forse un modo per ricordarsi quanta strada bisogna percorrere per trovare il significato di un percorso di un tempo che fu.
Monica Adorno

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