Sono passati 40 anni e ci risiamo con lo Stato che per fronteggiare problemi finanziari fa ricorso ai titoli di stato: BOT nel 1979, miniBot nel 2019.
I primi, titoli a scadenza e remunerati veri e propri, i secondi spendibili pronta cassa senza produzione di interessi, proprio perché, appunto, pronta cassa.
40 anni fa, capo del Governo il divo Giulio ed un gabinetto tutto con ministri di lungo corso e solidissima competenza ed esperienza; oggi capo del Governo il prof Conte ed un parterre di ministri ancora in rodaggio.
L’ipotesi prospettata ha suscitato una vera e propria bagarre poggiata su motivazioni, alcune meritevoli di valutazione, altre oltre il limite del fantasioso.
Assolutamente improprio ad esempio, il paragone con i mini assegni che avevano ben altra motivazione ed avevano forma e sostanza di assegni circolari, cioè coperti da valuta di pari importo.
Tant’è che il grande business lo fecero le banche che, fra mini assegni smarriti, laceri o collezionati molti non vennero in realtà mai riscossi e la valuta equivalente restò nelle casse degli istituti di credito.
Prima di parlare bisognerebbe studiare e documentarsi, ma ormai è “démodé”.
Qual è allora la differenza fra il 1979 (BOT) ed il 2019 (MINIBOT). Un acronimo passato da tre a due lettere: CEE divenuta UE.
Quaranta anni fa uno Stato cercava i rimedi più compatibili ed adatti alla soluzione di un problema, e più confacenti al modo di essere e di pensare dei propri cittadini.
Oggi le regole, cucite su misura sicuramente non sulla nostra taglia, le fissa qualcun altro; tal che’ le così dette “regole uguali per tutti”, per qualcuno risultano più uguali.
Ciò premesso, se i minibot venissero emessi per saldare i debiti della pubblica amministrazione verso i fornitori, e dagli stessi potessero essere utilizzati per pagare i debiti, anche fiscali e contributivi, verso lo Stato, dove sarebbe la doppia valuta? O il nuovo debito?
Solo nella vis pugnandi di chi ci vuole in ginocchio a tutti i costi, con il miserabile aiuto di più d’una quinta colonna interna, che pur di soppiantare l’attuale assetto del nostro governo, sarebbe disponibile a dar vita a una nuova Repubblica di Vichy a trazione Franco Tedesca.
Purtroppo ancora una volta devo fare ricorso ad una locuzione latina, ma di meglio non trovo: “In cauda venenum”.
Cioè, per dirla papale papale, senza alcun doppio senso o irriverenza verso il capo dello Stato Città del Vaticano, da una Commissione europea e da un capo della BCE con le valigie dietro la porta cosa potevamo aspettarci?
Il resto delle critiche solo un coro di voci bianche, per di più non troppo intonate.
Alfio Franco Vinci