Intelligenza artificiale e deepfake

Pietro Aretino in una incisione di Paolo Caronni (ph Wikipedia)

Sto cercando di capire qualcosa dell’intelligenza artificiale, specie per quanto riguarda l’uso illecito, fraudolento o denigratorio della stessa. Ritengo infatti che tutte le applicazioni connesse con questa nuova frontiera della scienza e della tecnologia rivolte a migliorare campi del sapere utili al genere umano, vadano utilizzate al meglio delle possibilità; cosa diversa per gli usi distorti, anche se apparentemente ludici o innocui. Scene del tipo Trump arrestato, piuttosto che Putin in manette, anche se possono attrarre l’attenzione – favorevole o ostile di chi le vede – dovrebbero indurci a una riflessione, certamente non moderna, certamente non scientifica, ma vecchia come il mondo e al conseguente interrogativo: “cui prodest”.

Quando gli antichi romani si trovavano di fronte ad accadimenti poco credibili, così si interrogavano, e quasi sempre trovavano la risposta. In Italia, come per ogni innovazione dobbiamo strafare, così ci troviamo col più alto numero di telefonini pro capite, con monopattini elettrici abbandonati ovunque ed utilizzati senza nessun rispetto delle regole, con giovani che ignorano come comportarsi e che scambiano i “tre squilli di tromba” per l’inizio di una canzone rap. Sempre pronti, giovani e meno giovani ad abboccare alle maldicenze, anche le più assurde, perché, chi più chi meno, siamo tutti discendenti di Pietro Aretino che “di tutti parlò mal fuorché di Cristo, scusandosi col dir, non lo conosco”.

È già iniziata una stagione costellata di campagne elettorali, durante la quale, con l’intelligenza artificiale, verranno fatte dire a personaggi pubblici le cose più verosimili, ma false.

Ad esempio, che motivo avrebbe un politico di primo piano, di andare a dire “ho investito 100 euro e in pochi giorni ne ho ricavati 300”. A chi può giovare una tale dichiarazione, certamente non all’interessato, ma al suo avversario. Riflettiamo, e, prima di crogiolarci nella maldicenza, nella diffamazione o nella credulità “pelosa” che solletica l’Aretino che è in noi, chiediamoci quindi Cui prodest.

Alfio Franco Vinci

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