Quasi accese le luci della ribalta per “Discorso su noi italiani” che andrà in scena alla Sala Di Martino dal 6 al 27 aprile con la regia di Elio Gimbo
Catania – Lo spettacolo replicherà il 7, 12, 13, 14, 19, 26, 27 aprile alle ore 21 nei giorni feriali e alle ore 18 le domeniche presso l’intima Sala Di Martino a Catania. Fabbricateatro – ancora una volta – rinnova con gioia la collaborazione con il CUT (Centro Universitario Teatrale dell’Università degli Studi di Catania). La rappresentazione è realizzata con il contributo dell’Assessorato al Turismo, Sport e Spettacolo Regione Siciliana. Si tratta di un’opera minore del grande Giacomo Leopardi dal titolo “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani”. Un “trattatello” del 1824 proto-sociologico dove l’autore – ai tempi ventiseienne – esercita una prosa straordinaria per scorrevolezza e sottile umorismo, sui comportamenti – pubblici e privati – diffusi nella società italiana. Ai suoi occhi gli italiani vivono una profonda contraddizione: da una parte, grazie al loro cinismo, manifestano un primato di modernità nell’aver individuato per primi l’infinita vanità del tutto; d’altra parte mostrano una pesante inferiorità sotto forma di maggiore immoralità. L’autore non parla mai di popolo ma di cittadini e di società civile. Eppure, in questo stesso saggio, così come nell’opera “La ginestra”, affiora sempre la speranza che un’etica possa prima o poi riaffermarsi nella società italiana, magari mossa da un autentico processo popolare.
Leopardi traccia un quadro desolato dell’Italia e dei suoi abitanti: troppo disincantati per nutrire illusioni ed allo stesso tempo poco civili per farsi guidare dal senso civico. La causa viene individuata nella mancanza egoistica di una condivisione di tradizioni, di intenti, di costumi, di mentalità e di memoria condivisa. É qui che il “trattatello” leopardiano riacquista interesse nel vigore immutato del suo stile, nella descrizione della mancata formazione di una “società stretta”, di una “élite” in seno alla borghesia italiana.
Il regista Elio Gimbo ha dichiarato: “Ci sono uomini che non posseggono nemmeno le parole per descrivere la propria infelicità e poi ci sono donne che, proprio perché conoscono le parole adatte, vorrebbero essere utili al prossimo a patto di riceverne una disponibilità al cambiamento, alla maturazione, alla consapevolezza. Entrambe le posizioni – spiega – hanno come sfondo un senso d’incertezza che spesso si trasforma in crudeltà da parte dei primi. Da questo spaesamento maschile parte l’azione teatrale del nostro spettacolo”.
Ma una messa in scena non ha mai una sola faccia, bensì è un “rituale vuoto” che ogni singolo spettatore può riempire con la propria vita. Per questa ragione il regista ha evidenziato: “Ho assolto all’esigenza di un omaggio verso gli insegnamenti ricevuti dai maestri del mio pantheon: da Mejerchol’d, da cui ho appreso come la partitura fisica degli attori non debba per forza coincidere col testo, da Grotowski, che illumina lo spettacolo con i suoi principi del “teatro povero”, sopra a tutti, in occasione dei sessanta anni dell’Odin Teatret, c’è la irripetibile figura di Eugenio Barba. Ecco – conclude – la ‘piccola tradizione’ a cui Fabbricateatro sente di appartenere; per vie imperscrutabili da essi discende ciò che siamo e tutto ciò che il teatro è per noi”.
Il biglietto ha un piccolo costo di 10 euro per sostenere le produzioni del Centro Teatrale; gli studenti potranno usufruire del prezzo ridotto. Per info e prenotazioni è necessario comporre il seguente numero: 347 3637379.
Personaggi e interpreti: Sabrina Tellico interpreta Cassandra, colei che vorrebbe salvare il proprio popolo – Il popolo che non vuole essere salvato: Leonardo Cappellani e Filippo Gravina
Impianto scenico Bernardo Perrone – Costumi Fabbricateatro – Luci Simone Raimondo